Il complesso fenomeno delle madri sole: a Bologna “vicine di casa e di vita”

altQuella delle madri sole è una delle nuove povertà che la crisi in un certo senso ha portato allo scoperto, le donne che rimangono sole dopo una separazione o la morte del marito si trovano povere di denaro e di tempo. Quando parliamo di famiglia monogenitoriale intendiamo riferirci ad una tipologia familiare in cui la sola madre o il solo padre vivono con uno o più figli. La rilevazione dell’Istat sulla povertà relativa nel 2005 mostra come i genitori single sperimentino talvolta livelli di povertà superiori alla media e come il fenomeno sia più diffuso nel Nord Italia dove le famiglie monogenitoriali povere sono il 5,8% contro una media ripartizionale del 4,5%. I mutamenti sociali e culturali, del resto, stanno modificando la fisionomia delle famiglie con un solo genitore e le cause della loro costituzione. Non più soltanto le vedovanze, ma le separazioni, i divorzi, le libere unioni, la scelta di procreare fuori dal matrimonio caratterizzano sempre più questo tipo di famiglia.

Quello della povertà è un fenomeno complesso legato ai cambiamenti storici, culturali e sociali delle società contemporanee e alle loro contraddizioni. La povertà assoluta e quella relativa sono concetti unidimensionali poiché definiti rispetto ad un’unica variabile che può essere tanto il reddito quanto la spesa per i consumi. A queste tuttavia, se ne aggiunge una terza, la povertà soggettiva, ovvero quella soggettivamente percepita che ha come fattore determinante il grado di soddisfazione delle persone nei confronti della salute, della casa, della situazione economica, delle reti di supporto parentale, del tempo libero.

 

Il concetto tradizionale di povertà viene quindi inserito in logiche più ampie che rimandano al diniego dei diritti sociali di cittadinanza, alle difficoltà incontrate nel trasformare le risorse in capacità. In questo caso il disagio è legato a varie dimensioni: la lontananza fisica e/o culturale dalle opportunità della società contemporanea, anche per inadeguatezza o diseguale distribuzione dei servizi civili, sociali e sanitari, la cattiva qualità dell’ambiente sociale locale, la disfunzionalità del contesto fisico ambientale e delle infrastrutture materiali ed immateriali.

In ambito europeo il termine esclusione sociale rimanda all’impossibilità di partecipare ad attività sociali e personali in base per cui la persona perde la percezione di appartenenza ad una comunità. Gli esclusi sono quindi coloro che non hanno la possibilità di accedere alla vita sociale in termini di occupazione, istruzione e formazione. Il concetto di esclusione sociale si rivela dunque molto dinamico rispetto a quello di povertà, con dei contenuti immateriali oltre che materiali che chiamano in causa le responsabilità delle istituzioni e della società. Possiamo quindi, oggi soprattutto, nei diversi contesti geografici e sociali parlare di povertà composite perché all’interno di questa definizione esistono diversi bisogni: quelli relativi alla disponibilità di beni materiali di sopravvivenza; quelli che implicano la responsabilità delle istituzioni (salute, assistenza, scuola); i bisogni relazionali, che si affacciano nel momento in cui mancano i rapporti interpersonali significativi sul piano dell’affettività. Pensiamo ad esempio agli anziani soli, alle giovani coppie, ai genitori single, ai disoccupati.

La vita delle madri sole è spesso “una corsa ad ostacoli”. A Bologna le mamme single hanno scoperto il cohousing come risposta a parte dei loro bisogni per essere “vicine di casa e vicine di vita” grazie all’Associazione Madri Capofamiglia (Amaca) nata nel 2004, che collabora con enti e istituzioni per aiutare a sostenere donne con bambini che si trovano sole.

Fonte: www.istat.it
Per approfondimenti