Il secolo urbano

Il ventunesimo secolo è cominciato all’insegna delle città. Un vero e proprio “secolo urbano”.
Il nostro pianeta sta evolvendo da un mondo di stati nazione ad uno di città stato; nel prossimo futuro la competizione tra territori non sarà più tra Stati Uniti o Europa verso Cina o Brasile, ma direttamente tra la Silicon Valley e Mumbai.
Per la prima volta nella storia più della metà della popolazione mondiale vive, infatti, in aree urbane, percentuale che in Europa e in Italia supera il 65%.

Più del 90% della capacità d’innovazione e dei brevetti sviluppati su scala planetaria si concentrano in 90 grandi metropoli . Il PIL mondiale si produce per il 60% nelle 600 più grandi conurbazioni; nella sola Italia ad esempio il comune di Milano produce più di 380 miliardi di euro di prodotto interno lordo l’anno, quasi il 25% del totale italiano.

A livello nazionale, prima di altri paesi europei e occidentali, il nostro paese già nel 1987 si era dotato di un ministro le Aree urbane. Poi, quando le città hanno acquisito un’assoluta importanza, questa intuizione è stata abbandonata; mentre ad oggi gli altri paesi europei hanno stabilito politiche urbane nazionali e specifiche strutture di governo ad esse dedicate. Molti Stati non federali hanno un ministero nazionale (Francia, Olanda, Danimarca, Portogallo); la Gran Bretagna ha un Dipartimento presso l’ufficio del Primo Ministro; in altri Stati federali (Belgio, Germania) e in Spagna le città sono comunque al centro di politiche e di attenzioni specifiche . A questo si è parzialmente fatto rimedio con la recentissima istituzione del Comitato interministeriale per le politiche urbane, che è stato approvato con l’articolo 12-bis della legge 7 agosto 2012, n. 134. Il suddetto Comitato interministeriale (CIPU) avrà il compito di “coordinare le politiche urbane attuate dalle amministrazioni centrali interessate e di concertarle con le regioni e con le autonomie locali” .
Ma certamente non basta.

L’obiettivo è quello di intraprendere la strada verso la redazione e la successiva attuazione di una vera e propria agenda urbana, che si affianchi all’agenda digitale e alle altre politiche pubbliche di innovazione e crescita per disegnare un nuovo assetto istituzionale e operativo del nostro paese, anche cogliendo l’occasione della prossima (quando esattamente?) introduzione delle città metropolitane.
La predizione del politologo Benjamin Barber su un futuro mondo governato da un parlamento dei sindaci delle città globali si fa sempre più attuale anche in Italia, dove le sfide che dobbiamo quotidianamente affrontare (sviluppo economico, disoccupazione, competitività dei territori, terrorismo tra le tante) non si fermano certo ai confini delle nostre piccole regioni o dei nostri limitati stati nazione.
Insieme dunque alla costruzione di una più efficace Unione Europea, la sida di una rinnovata azione locale si fa sempre più pressante, perché la soluzione dei nostri problemi quotidiani e la costruzione di strategie durabili risiederà sempre di più nelle azioni dei nostri sindaci e nella collaborazione tra metropoli più che nelle pieghe di meccanismi istituzionali ormai vecchi di qualche centinaio di anni.