Bollettino Urbact – Novembre 2013

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Report speciale: il progetto Urbact “4D Cities” – Dalla salute al benessere

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In questo periodo di austerità e caratterizzato dall’invecchiamento della popolazione, ci siamo abituati ad associare la gestione dei servizi sanitari ad enormi sprechi di risorse. Ma cosa accadrebbe se provassimo ad invertire il nostro punto di vista? e se la salute potesse divenire un motore per la crescita, fornendo opportunità economiche, lavoro e prosperità alle città europee? Otto città stanno partecipando al progetto Urbact 4D Cities che guarda a modi intelligenti per sviluppare opportunità economiche collegate alla fornitura di servizi sanitari. Qui diamo uno sguardo da vicino agli obiettivi del progetto e alle sfide per i mesi a venire.

Soluzioni più economiche con tecnologia smart

urbactnovembreQuesto è il principio che sta dietro 4D Cities, ora in fase di implementazione. Tecnologie smart e industrie high-tech possono sviluppare soluzioni più economiche per andare incontro ai bisogni specifici dei pazienti e dei cittadini, piuttosto che la vecchia tipologia di servizi standard non personalizzati. Otto città partecipano al progetto: il capofila Igualada (Spagna), Leeds (Regno Unito), Novara, Tartu (Estonia), Plunge (Lituania), Jena (Germania), Baia Sprie (Romania) e Eindhoven (Paesi Bassi). La lead expert Mireia Sanàbria spiega come questo principio può operare in pratica. “Gli attori economici possono sviluppare strumenti high-tech che permettono alle persone di ricevere cure stando a casa loro piuttosto che restare in ospedale per lunghi periodi”, afferma. Per esempio, alcune persone disabili potrebbero semplicemente usare un iPad o un tablet per comunicare con un call center da cui personale specializzato può coordinare l’azione. Oppure, bracciali con GPS integrato possono essere usati dai servizi di emergenza per tracciare i movimenti di qualcuno e fornire a quella persona il servizio più appropriato. Queste sono tutte opportunità di affari”.

Il primo ospedale europeo “simulato”

Nella stessa Igualada, il progetto pilota sulla salute è un “ospedale simulato”, situato in una ex struttura ospedaliera, dove dottori, infermieri e tecnici possono formarsi e sviluppare nuovi processi prima di lavorare in un vero ospedale. Questo progetto innovativo, che aprirà a marzo 2014, è il primo ospedale simulato in Europa e il suo scopo principale è quello di migliorare la sicurezza del paziente riducendo gli errori e migliorando le procedure. Angels Chacòn, vice Sindaco di Igualada che è capofila del progetto 4D Cities, spiega: “il settore privato è assolutamente coinvolto. Il consiglio comunale offre l’utilizzo della struttura e diverse imprese private sono coinvolte, alcune delle quali sono così in grado di testare i loro prodotti. Alcune daranno le apparecchiature al centro, altre puntano alla formazione per il loro personale. Anche le università e i collegi professionali sono coinvolti, così come l’ospedale e i centri per le cure primarie. Se si fosse trattato di un progetto esclusivamente pubblico, oggi non avrebbe funzionato a causa dei tagli ai bilanci”.

I pazienti prima di tutto

Questo è un buon esempio di quello che 4D Cities vuole fare. La filosofia è quella che i comuni siano alla guida delle attività e coordinino il dialogo con gli stakeholders come università e centri di ricerca, imprese, associazioni di pazienti e servizi sanitari. Il principio guida è di mettere il paziente al centro del servizio. Ciascuna città partner ha un focus differente nel campo della salute. La città di Jena si sta costituendo centro oculistico, attraendo imprese high-tech specializzate nell’ottica e nell’oftalmologia, con ricadute positive sui cittadini e sulla capacità di attratte forza lavoro specializzata in città. Baia Sprie in Romania sta tentando di riaprire un ospedale in città attraverso delle imprese private e di migliorare i suoi servizi sanitari sia per i proprio cittadini che per offrire un servizio ai turisti che si recano in città per sciare durante l’inverno.

Una più alta qualità della vita per gli anziani

La città di Eindhoven, con la sua economia high-tech e i suoi investimenti in ricerca e sviluppo, gestisce una cooperativa innovativa chiamata Slimmer Leven 2020, che punta ad usare la tecnologia per sviluppare servizi di cura meno costosi e per favorire una più alta qualità della vita per la popolazione che invecchia. Novara beneficia di un parco della scienza dedicato alla ricerca sulle malattie auto-immuni e sta cercando dei modi per capitalizzare tutto ciò e per condividere i benefici con i suoi cittadini fornendo nuovi modelli di cura attraverso il coinvolgimento del settore pubblico e di quello privato.

Un alto livello di imprese tecnologiche caratterizza anche Tartu, la seconda città dell’Estonia. Tartu ha anche università rinomate e centri di ricerca scientifici e dal progetto 4D Cities si aspetta di trovare idee e linee guida su come rafforzare il suo sistema sanitario usando sia risorse pubbliche che private. Plunge, una piccola città in Lituania, vuole attrarre una forza lavoro maggiore e le rispettive famiglie valorizzando il suo sistema sanitario locale e il suo potenziale d’impresa.

Modi innovativi per integrare i servizi

La città di Leeds ambisce a diventare la migliore città d’Inghilterra per i servizi connessi alla salute. Quest’anno sta costituendo la Leeds Integrated Health Hub, cercando dei modi innovativi per integrare i servizi sociali e quelli per la salute dei cittadini. Leeds ha ospitato il 3-4 ottobre il terzo incontro del progetto Urbact, affrontando i temi dell’integrazione e della comunicazione nei diversi rami dei servizi sanitari. La città ha mostrato alcuni dei suoi programmi innovativi, compreso un centro di riabilitazione con 40 posti per pazienti che hanno lasciato l’ospedale ma che non sono ancora pronti per tornare a casa, un centro della comunità per attività rivolte agli anziani gestito da volontari e un’iniziativa grazie alla quale i pazienti e le loro famiglie possono disporre di un unico punto di contatto per tutti i servizi.

Opportunità per gli scambi di esperienze e il miglioramento dei servizi

Mireia Sanàbria ha detto: “a Leeds abbiamo potuto osservare i quattro principi del progetto già in fase di realizzazione, cioè a dire i servizi per la salute, le opportunità di impresa, l’attenzione per i cittadini e il miglioramento delle conoscenze. È stata un’opportunità di vedere un passo in avanti della nostra strategia a 360 gradi. Ma c’è sempre spazio per scambiarsi esperienze e per migliorare quando ci si parla durante questi eventi”. Angels Chacòn ha aggiunto: “abbiamo imparato molto su come coinvolgere i volontari nel sistema sanitario. Si tratta di una cosa ancora da sviluppare in Spagna, che non era mai stata nei nostri pensieri. Forse alcuni dei servizi potrebbero essere gestiti e forniti da una rete di volontari”.

I prossimi passi

Il prossimo meeting trans-nazionale del progetto si svolgerà a Jena il 7 e 8 novembre. I partner discuteranno il tema della conoscenza e in particolare come le università e i centri di formazione possono offire nuovi modelli per il settore della cura della salute.

L’anno prossimo i partner svilupperanno i loro Piani di Azione Locali prima di presentarli alla conferenza finale ad Igualada nel novembre 2014.

Per saperne di più:

4D Cities– Progetto URBACT

Cosa è successo durante gli Open Days 2013?

Gli Open Days – la settimana europee delle regioni e delle città – è un importante evento annuale di quattro giorni sulle politiche regionali dell’Ue organizzato dalle istituzioni europee. Ogni anno ad ottobre accolgono circa 6000 partecipanti e sono articolati in più di 100 workshop e dibattiti, esposizioni e opportunità di networking a Bruxelles.

Gli Open Days si sono svolti dal 7 al 10 ottobre sotto lo slogan “Europe’s regions and cities taking off for 2020” e si sono incentrati sulla nuova timeline verso la realizzazione degli obiettivi della Strategia Europa 2020. Urbact è stata coinvolta attivamente nell’evento con workshop e una conferenza congiunta in collaborazione con Interact, Interreg IVC ed ESPON.

Workshop – Più posti di lavoro, città e regioni migliori: come possono le città e le regioni creare e sostenere nuovi e migliori posti di lavoro? Lezioni dalla cooperazione inter-regionale

Il 10% della popolazione europea è disoccupato. In alcune regioni, più della metà dei giovani sono senza lavoro. C’è bisogno di più posti di lavoro (almeno 18 milioni) se vogliamo realizzare gli obiettivi di Europa 2020. Questo workshop si è svolto giovedì 10 ottobre ed ha analizzato ciò che le città e le regioni possono fare per creare posti di lavoro. Ha passato in rassegna le sfide principali ed ha illustrato cosa funziona e cosa non funziona, sulla base delle evidenze e delle esperienze fornite da ESPON, Interact, Interreg IVC e Urbact.

Dopo una introduzione che ha presentato il quadro di riferimento e alcuni messaggi comuni dai programmi per la cooperazione territoriale europea, i rappresentanti dei programmi e dei progetti hanno discusso la loro esperienza sulla creazione di soluzioni innovative per queste sfide complesse. La conclusione più importante è che un nuovo approccio multi-sfaccettato è necessario e vitale, un approccio che considera le persone, le competenze e l’economia, che copre i temi dell’economia reale, della creazione di posti di lavoro e dell’imprenditorialità e che richiede una nuova forma di leadership e governance collaborative. “Con il lavoro e la crescita che rimangono tra le sfide più importanti in Europa, è stato molto interessante condividere alcune delle esperienze dei quattro Programmi di Cooperazione Territoriale Europea (Urbact, Interreg IVC, Interact e ESPON)”, hanno dichiarato i rappresentanti dei Programmi alla fine del workshop.

Workshop – Broker di innovazione ed Europa 2020: come possono le città generare cambiamento ed affrontare le complesse sfide urbane?

brokerLe città sono attori chiave per la realizzazione degli obiettivi di Europa 2020. Ma sono dotate degli strumenti necessari per guidare i cambiamenti che dovranno portare a spazi urbani smart, verdi ed inclusivi? Basandosi sulle lezioni apprese in Urbact, questo workshop che si è tenuto il 10 ottobre ha condiviso esempi pratici di come le città possono generare cambiamento nel modo in cui pianificano, realizzano e monitorano soluzioni urbane innovative. È stato mostrato come le città possono diventare “innovation brokers” generando nuove idee, favorendo l’accesso a conoscenze specialistiche, sviluppando nuovi partenariati e processi di co-produzione, incoraggiando la smart finance ecc. Il workshop ha coinvolto direttamente i partecipanti sfidandoli ad immaginare e a rendere dinamiche le loro strategie per il management del cambiamento urbano. I relatori hanno concluso dicendo che le città hanno un ruolo nuovo nella ricerca di soluzioni alle sfide della modernità. Esse dovrebbero essere aperte a cambiare, pensare e agire in maniera differente con una prospettiva di lungo periodo verso il futuro. Esse hanno inoltre bisogno di istituire una governance ed una collaborazione migliori con i cittadini, col settore privato e con la società civile in generale. Le città devono essere aperte agli input che vengono dall’esterno, devono saper fare rete con altre città europee e vedere cosa sta accadendo in altri luoghi, raccogliere buone pratiche e idee nuove e adattarle ai contesti locali.

 100 EUrban Solutions Exhibition: un networking di successo

urbansolutionGli organizzatori degli Open Days hanno invitato Urbact, Interreg IVC, Interact e ESPON a contribuire all’esposizione delle buone pratiche sullo sviluppo urbano intelligente, sostenibile e inclusivo. La sera dell’8 ottobre, il Commissario europeo Johannes Hahn ha aperto ufficialmente l’evento. L’obiettivo era quello di illustrare le soluzioni urbane basate sui casi di studio e le buone pratiche trasferibili. Gli stand dei progetti selezionati, con le relative pubblicazioni ed informazioni, sono stati ospitati al sesto piano del palazzo del Comitato delle Regioni. I partecipanti hanno avuto la possibilità di saperne di più sui progetti Urbact grazie alla mappa interattiva ed hanno potuto fare rete con gli esperti e i partner dei progetti. Hanno anche partecipato alla nostra campagna twitter per Urbact “Tag your ideal city” e al nostro concorso fotografico Urbact organizzato da Ivan Tosics sul tema delle capitali europee, edifici famosi, idee per lo sviluppo urbano, contraddizioni della rigenerazione urbana, novità nel trasporto urbano, processi sociali.

Per saperne di più: OPEN Days– website

Intervista con il sindaco di Avilés, partner del progetto JobTown

Il progetto Urbact JobTown analizza i modi in cui le città possono creare opportunità per i giovani. La città spagnola di Avilés è uno degli 11 partner di questa rete Urbact. Il sindaco della città, Pilar Varala, ha dato molta importanza e tutto il suo sostegno personale al progetto, partecipando direttamente al workshop trans-nazionale di Job Town lo scorso giugno. In questa intervista condotta da Ian Goldring, Lead Expert di JobTown, il sindaco spiega “come l’occupazione è cambiata ad Avilés durante gli anni e quali strategie sono state adottate per fronteggiare la disoccupazione giovanile”, oltre alle sue aspettative riguardo al progetto e alla metodologia Urbact.

Avilés (circa 90.000 abitanti) è una città della Spagna del nord che ha un passato pesantemente industriale e che ha cominciato da diversi anni una transizione verso il settore dei servizi attraverso la diversificazione degli interessi, mantenendo tuttavia sempre un livello significativo di industrie nel proprio territorio. 8.400 dei suoi cittadini sono disoccupati. Essendo in qualche modo meno esposta al boom e al fallimento immobiliare, i tassi di disoccupazione di Avilés sono più bassi del 4 o 5% rispetto alle medie nazionali: la disoccupazione spagnola è oggi al 27% e quella giovanile (giovani tra 18 e 25 anni) è al 56%.

Come è cambiato il lavoro ad Avilés?

Negli anni ’70, se voi aveste chiesto ad un giovane di Avilés cosa volesse o cosa si aspettasse di fare, egli avrebbe probabilmente risposto che si sarebbe aspettato di lavorare in qualche grande fabbrica o forse per il governo. Oggi non è più così. Ci stiamo spostando da poche grandi compagnie industriali che hanno dominato il mercato del lavoro a tante piccole imprese e start-up che normalmente non coinvolgono più di 4 persone. Si tratta di un grosso cambiamento e di una trasformazione nella mentalità che lo accompagna. Le persone devono sempre di più darsi da fare per trovare da sole una soluzione ai loro problemi. Inoltre, le grandi corporation e industrie sono le più vulnerabili di fronte al fenomeno della delocalizzazione: oggi sono tutte parte di strutture multinazionali e le decisioni che le riguardano sono prese molto lontano da qui, a New York, a Ginevra ecc. E quando queste decisioni vengono prese, le conseguenze sulla popolazione non tardano a farsi sentire. Per il nostro futuro, dobbiamo pensare molto di più alle attività che sono solidamente legate al nostro territorio. Se le imprese sono più connesse con il territorio di riferimento, se chi le possiede vive qui, esse si legano al territorio in modo tale che non sarà più così facile permettere che certe decisioni vengano prese da lontano.

Che ruolo gioca l’imprenditorialità nel combattere la disoccupazione giovanile?

Oggi, le persone non possono più ragionare semplicemente in termini di “qualcuno mi dia un lavoro”. I giovani oggi devono considerare l’opzione di crearsi da soli un lavoro. Naturalmente, non tutti diventeranno degli imprenditori indipendenti, ma un numero sempre maggiore di giovani considererà questa opzione. Per anni abbiamo lavorato per promuovere la cultura imprenditoriale, che deve cominciare sin dall’educazione primaria. Apprendere i rischi connessi con l’imprenditorialità, l’iniziativa personale, il lavoro in team, come valutare e prendere decisioni…cose come queste. Dopo l’introduzione di questi curricula scolastici abbiamo rinvenuto che circa il 15% degli studenti delle scuole secondarie esprime il desiderio di perseguire un cammino imprenditoriale e che c’è molta domanda di formazione per l’imprenditorialità. Se un business fallisce, dobbiamo permettere alle persone di rialzarsi e di andare avanti. La società spagnola non è come quella nordamericana, dove i cambi di lavoro nei CV o l’aver preso parte ad una start-up che ha chiuso vengono considerati come esperienze di valore e conferiscono punteggi aggiuntivi. Qui se un’impresa fallisce, la società giudica il fallimento anche come un fallimento personale. Questo deve cambiare in futuro ed io credo che stiamo già vedendo dei cambiamenti. Si tratta di cambiamenti lenti perché si tratta di cambiare la cultura, ma sono già in atto.

Come può un ente locale facilitare il business e l’auto-imprenditorialità, o sostenere l’occupazione giovanile?

Aiutandoli a risolvere tutti i problemi che non hanno a che fare direttamente con i loro affari. Aiutandoli a trovare delle sedi adatte per le loro imprese, snellendo la burocrazia, ecc. Forniamo formazione e consulenza per gli imprenditori, diamo capitali di investimento (es. 3000 Euro per lo start-up di tutte le piccole aziende approvate dal comune). Un’amministrazione locale può fare la differenza: le start-up che ricevono il nostro sostegno hanno un bassissimo tasso di fallimento. Le imprese che passano attraverso il nostro incubatore di imprese – la “Curtidora” – hanno un tasso di sopravvivenza del 77% dopo i tre anni, il 68,6% dopo 5 anni. Si tratta di un buon risultato. Normalmente I tassi di fallimento delle start-up sono molto più alti. Sarebbe sbagliato alzare bandiera bianca e pensare che non possiamo fare nulla contro la crisi. Per avere un impatto, l’amministrazione deve utilizzare efficacemente le sue risorse e le sue reti.

Per un altro verso, abbiamo collaborato con le istituzioni regionali e nazionali, per mettere insieme le utilities nel campo dell’energia e grossi consumatori come aziende, al fine di negoziare degli accordi e delle tariffe migliori. Ciò ha consentito alle nostre imprese locali di rimanere competitive. Senza sforzi come questi, avremmo perso molti più posti di lavoro. In termini di sostegno all’occupazione, i nostri servizi devono pensare in termini di sostegno personalizzato a specifiche categorie o individui, con una persona di contatto stabile. Inoltre, l’approccio deve essere olistico: le persone raramente si trovano ad affrontare solo la disoccupazione, più spesso questo problema va di pari passi con una serie di questioni correlate, come l’abitazione e così via. Abbiamo fatto molto per migliorare ed integrare i nostri servizi e i nostri approcci. Tuttavia, non saremo mai in grado di dare lavoro ad ogni persona. Ci apprestiamo a vivere in un’epoca caratterizzata da una elevata disoccupazione e il nostro dovere è quello di aiutare le persone a rimanere attive e a non scivolare nel disfattismo. L’amministrazione pubblica deve fare tutto ciò che può per lenire i danni causati dalla disoccupazione.

Cosa si aspetta da JobTown?

Vogliamo imparare, insieme ad altre città europee, a sviluppare e ad usare reti più efficaci per consentire ai giovani di trovare spazio nel mercato del lavoro.

Che ruolo gioca in tutto questo il partenariato, che è la caratteristica principale della metodologia Urbact?

L’amministrazione deve lavorare insieme ai principali attori economici e sociali nel suo territorio, addivenire a degli accordi condivisi e lavorare con loro. Proprio questo mese il comune ha firmato un nuovo patto, “Avilés Acuerda”, con le associazioni locali dei datori di lavoro e con i principali sindacati attivi nell’area, al fine di definire una visione strategica per la città.

Lavoriamo con la regione in un programma che co-finanziamo, per aiutare i giovani a trovare un primo lavoro. Le imprese che ricevono i contratti dal comune devono soddisfare dei criteri particolari in favore dell’occupazione giovanile.

Come caratterizzereste il vostro approccio al partenariato qui ad Avilés?

Io penso che come governo locale noi abbiamo il dovere di usare le risorse pubbliche nella maniera più efficace possibile e per farlo dobbiamo lavorare in partenariato con gli attori economi e sociali, ci stiamo spostando sempre di più verso questo approccio. Il comune è l’attore locale meglio posizionato per mettere insieme i diversi partenariati e i processi partecipativi in atto a livello territoriale al fine di assicurare coordinamento e comunicazione tra i vari attori. Per lavorare in questo modo, dobbiamo essere costanti, pazienti e costruire fiducia intorno al nostro operato, per farlo l’unico modo è evitare i pregiudizi e sviluppare dei legami.

I tirocini e la formazione aziendale sono diventati dei temi caldi in Europa: qual è la prospettiva in Avilés?

L’amministrazione locale può favorire le connessioni tra chi offre la formazione e le aziende, perché abbiamo un ruolo di intermediario basato sulla conoscenza delle esigenze locali. In passato, abbiamo avuto un sistema di apprendistato molto evoluto ma tutto è stato smantellato negli anni ’80. Ora non possiamo semplicemente tornare indietro, perciò stiamo guardano molto al modello tedesco per imparare a mettere in piedi un sistema efficace di formazione aziendale. È tuttavia ancora presto per trarre conclusioni su questo tema. Nei prossimi due anni il quadro sarà più chiaro dal momento che le riforma in atto oggi dispiegheranno i loro effetti. Vorrei comunque dire che la nostra esperienza nell’apprendimento “on-the-job” finora è stata molto positiva, per i datori di lavoro e per i lavoratori. Dal momento che stiamo lavorando all’elaborazione di buone pratiche nell’apprendistato e nella formazione aziendale, ci siamo resi conto che molte delle rigidità attuali presenti nel mercato del lavoro e nei sindacati dovranno cambiare. Anche la formazione e i formatori dovranno essere flessibili e adattarsi ad una realtà in evoluzione anche per loro. La formazione e i formatori devono reagire più velocemente ai cambiamenti del mercato del lavoro. Il nesso tra occupazione, istruzione e formazione deve essere più stretto, e permanente. Un’autorità locale può fare molto per incoraggiare questo tipo di relazioni. Noi stiamo usando la nostra partecipazione in JobTown come uno strumento per far sì che ciò avvenga.

Ci sono delle questioni legate alla percezione?

Una importante sfida sociale che abbiamo di fronte è quella di ripensare nuovamente alla formazione professionale e di darle più valore. Per molti anni, la formazione professionale ha avuto un forte calo di prestigio, è stata vista come qualcosa fatta per le persone che non potevano fare di meglio, come una opzione di “seconda classe”. Ora questo approccio sta cambiando: molti giovani studenti universitari sono incline a fare qualche tipo di esperienza di formazione professionale, è una nuova strategia che vediamo emergere sempre di più. In linea generale, abbiamo molti laureati e poche persone qualificate nei settori tecnici.

Come possono i destinatari del progetto – i giovani – essere coinvolti nelle decisioni sulle politiche e sui programmi che li riguardano?

Bisogna fare di più per coinvolgere direttamente i giovani, è una delle cose su cui intendiamo lavorare in JobTown. Pensiamo che possa essere una buona idea attivare delle “antenne” di e per i giovani, ad esempio di giovani che danno informazioni ad altri giovani e che raccolgono informazioni sulle idee, prospettive, preoccupazioni e condizioni dei giovani. I ragazzi sono in grado di dare moltissimi suggerimenti utili, per esempio che si dovrebbe predisporre una formazione su come fare un colloqui di lavoro e su come presentare in maniera efficace il proprio CV durante i colloqui. È una buona idea pratica.

Che impatto sta avendo la “fuga” di giovani su Avilés?

Molti giovani dotati di titoli di studio se ne vanno: è una perdita per noi, ma dobbiamo anche pensare che loro lo fanno per crescere professionalmente e fare esperienza. Io credo che molti ritorneranno con un nuovo bagaglio di esperienze, saranno in grado di parlare bene altre lingue e avranno maturato una pratica lavorativa. Oggi si assiste ad un vero e proprio “brain drain” che non è paragonabile a quanto accadeva negli anni ’60 quando molti di loro non avevano titoli di studio ed erano destinati a lavori di basso profilo. Ora parliamo di ingegneri e di ragazzi specializzati. Qui nelle Asturie, abbiamo un esempio che viene dal passato, gli “Indianos”, persone che nel 19° secolo sono andate in America per trovare migliore fortuna e che sono tornate indietro. Queste persone hanno costruito molte delle nostre scuole e istituti culturali e hanno riportato con loro un enorme bagaglio di conoscenza. I giovani della nostra città, oggi, potrebbero essere i nuovi “Indianos”.

Il secondo workshop tematico di JobTown si terrà a Kaiserslautern in Germania il 16 e 17 ottobre 2013

Il partner tedesco di JobTown, l’Università di Kaiserslautern, ospiterà la due giornate che sarà interamente dedicata al tema dell’adattamento dell’istruzione, formazione e formazione professionale ai bisogno del mercato del lavoro. Durante i due giorni, i partner discuteranno e si sosterranno nella definizione di modelli di formazione concreti, con l’obiettivo finale di valorizzare l’occupazione giovanile. In particolare, l’incontro sarà incentrato su come migliorare l’orientamento alla carriera e alle professioni, apprendistati, istruzione imprenditoriale e acquisizione di competenze generiche per le persone con un più basso livello di studi e anche su come aiutare i laureati ad essere protagonisti di una transizione positiva verso il mondo del lavoro.

Per saperne di più:

JobTown– URBACT website

Special report – Jobtown Local Partnership for Youth Employment Opportunities– URBACT website

Jobtown First Newsletter– PDF

Sostenere i giovani nelle città attraverso l’innovazione sociale

Social InnovationCome possono le città sostenere i giovani attraverso l’innovazione sociale? Questa è la sfida principale affrontata dal paper “Supporting Urban Youth Through Social Innovation: Stronger Together“, parte della serie di sei nuovi report tematici Urbact “Cities of Tomorrow: Action Today”. Scritto da Eddy Adams e Robert Arnkil, questo paper prefigura un ruolo centrale per le città, in quanto rappresentano la forma di governo più vicina ai cittadini.

Sfide e opportunità

Il report “Cities of Tomorrow” (Commissione Europea, DG Politiche Regionali 2011 sottolinea le sfide che le città europee si trovano ad affrontare per integrare i loro giovani. Secondo Eddy Adams e Robert Arnkil “la crisi del lavoro è un aspetto importante, ma non l’unico da prendere in considerazione”. Una parte significativa dei giovani europei si trovava nella condizione “NEET” (not in education, employment or training), cioè non istruita, senza lavoro e senza formazione professionale, anche prima dell’attuale crisi economica e finanziaria, mentre molti dei protagonisti dei disordini di Londra nel 2011 avevano un lavoro. Dietro la retorica di un nuovo precariato senza radici ed economicamente vulnerabile vi è il rischio di creare una sezione alienata e sconnesso della società che non condivide i valori fondanti. Con risorse sempre più scarse, come possiamo affrontare questo problema e sostenere il concetto di città europea coesa? Nel report Urbact si dice che una parte importante della soluzione alla crisi dei giovani è la trasformazione dei servizi pubblici. Gli autori proseguono dicendo che le autorità locali giovano in questo contesto un ruolo fondamentale per due ragioni: la prima è che la crisi ha messo in evidenza i limiti del loro potere, la seconda è che in quanto istituzioni più prossime ai cittadini possono mobilizzare più facilmente i portatori di interesse e ricostruire dei legami di fiducia con i cittadini.

Le condizioni per promuovere l’innovazione sociale

Anche se il termine “innovazione sociale” è nuovo, il concetto alla sua base non lo è. Eddy Adams e Robert Arnkil spiegano nel report che in Europa le città stanno usando tecniche come la co-produzione, nuove idee per la generazione di business e smart finance per contrastare i problemi sociali cronici. “Il nostro lavoro identifica le condizioni che stimolano l’innovazione sociale e i comportamenti che possono favorirla”, affermano.

  • Generazione di nuove idee

I comuni più saggi esordiscono sempre con l’assunto che “noi non possiamo sapere tutto”. Invertendo il mantra che molti professionisti conoscono bene, essi danno particolare valore al coinvolgimento dello staff che opera in “prima linea” e degli utenti in quello che Mindlab chiama “ideazione”. La chiave sta nello sviluppare dei legami di fiducia con questi stakeholders. I contributi che sono arrivati a questo lavoro da Barcellona, Nantes e Swindon dimostrano l’importanza dei leader nell’incoraggiare e nel favorire nuovi modi di pensare.

  • Accesso a conoscenze specializzate / insoliti sospetti

Prospettive diverse danno un valore aggiunto. Le città coinvolte dimostrano l’importanza di portare nuovi punti di vista per risolvere vecchi problemi. Berlino, Riga e Copenhagen dimostrano tutte come attori non tradizionali – gli “insoliti sospetti” – possano contribuire a trovare delle soluzioni attraverso la loro conoscenza dettagliata delle vite dei cittadini. La collaborazione del Jobcentre di Copenhagen con gli antropologi sottolinea come l’ascolto e la comprensione di cittadini e utenti possa portare a piccoli adattamenti e a risultati chiari.

  • Nuove prove e nuovi dati

Swindon ha re-impostato i suoi servizi familiari sulla base di prove e dati recenti. Al comune hanno realizzato che stavano spendendo 300.000 Euro per alcune famiglie, senza generare alcun impatto. Sia lo staff a contatto coi cittadini che le famiglie si sono sentiti depotenziati dal modello. Ciò mostra l’importanza di fare le domande giuste, focalizzandosi sui dati chiave e sapendo come usare efficacemente le prove raccolte.

  • Co-produzione

L’innovazione sociale consiste nel mobilizzare tutti i portatori di interesse per migliorare la pianificazione dei servizi e raggiungere risultati migliori. La co-produzione è la chiave per ottenere tutto questo. Città come Rotterdam hanno trovato modi nuovi ed eccitanti per coinvolgere gli stakeholders – in particolare i giovani – attraverso piattaforme come la rete tematica Urbact “My Generation”.

  • Nuovi modelli di fornitura dei servizi

I servizi pubblici possono faticare a raggiungere cittadini “disconnessi”. Ricostruire un legame di fiducia è un fattore importante per promuovere l’innovazione sociale. Le organizzazioni socio-economiche possono assumere un ruolo chiave, come hanno fatto a Swindon in Regno Unito, dove Participle ha inserito del personale in un complesso residenziale per costruire relazioni più solide con le famiglie svantaggiate che ivi risiedevano. Ciò ha dato il via ad una pratica innovativa in cui l’autorità locale era uno dei partner fornitori.

  • Smart finance

I comportamenti seguono i finanziamenti. Rispetto al tema giovanile, c’è un chiaro bisogno di mobilizzare tutte le risorse possibili. I testimoni urbani hanno parlato del bisogno di superare le esistenti strutture rigide per sbloccare finanziamenti che siano più appropriati al target degli interventi e più flessibili e facili da usare. Incarichi sofisticati sono necessari per ottenere servizi adeguati e, come Nantes, le città possono usare il loro potere contrattuale per plasmare la pratica degli appalti.

Un sistema di innovazione sociale

Eddy Adams e Robert Arnkil spiegano che “proprio quando abbiamo bisogno di ispirazione e di nuove idee, la crisi ci ha messo di fronte ad un clima caratterizzato dal conservatorismo e dalla scarsa propensione al rischio. C’è bisogno di leader coraggiosi e visionari per sposare l’innovazione, oggi. C’è anche bisogno di leader che partecipano, ispirano e guidano nuove idee. Guardando avanti, il successo richiede uno spostamento da una innovazione “random” ad un approccio sistemico e consapevole al rinnovamento del settore pubblico. Ciò pone delle questioni rispetto a come il settore pubblico incoraggia, sviluppa e realizza nuovi servizi. Ci sarà sempre più bisogno di dati e di evidenze certe per prendere decisioni drastiche. Ci sarà anche un gran bisogno di menti propense al rischio. Una maggiore sperimentazione significa inevitabilmente un tasso più alto di fallimento rispetto a quello che normalmente il settore pubblico è disposto ad accettare. Ciò significherà sviluppare spazi e processi che ci permetteranno di sviluppare nuove idee, prototipi su scala limitata, di valutarli e quindi di scalare progressivamente verso dimensioni maggiori. La “Young Foundation’s Social Innovation Spiral” illustra i passaggi chiave di questo processo che è caratterizzato dalla sperimentazione, dai test e da continui cicli di apprendimento. L’obiettivo è un cambiamento sistematico, capace di generare servizi migliori, risultati migliori e un impatto più grande sul settore degli investimenti pubblici. Tuttavia, “crescere” non significa tanto riuscire a replicare altre buone pratiche quanto, piuttosto, costruire a livello locale le competenze e i processi per l’apprendimento e il continuo miglioramento”.

Cosa possono fare le città?

Secondo gli autori “i city manager e i rappresentanti eletti rappresentano il pubblico principale per questo lavoro. Stretti tra i vincoli imposti dalla crisi, essi possono pensare che le città possano fare ben poco, ma non è così. Anche se esiste una forte pressione sui fondi pubblici, essi rappresentano ancora tra il 40 e il 50% del PIL nazionale. Le città, in quanto forma territoriale di governo, sono legittimate ad usare queste risorse per affrontare i problemi più urgenti, come il disamore e l’allontanamento dei giovani”. “Ma esse devono fare un uso migliore dei fondi esistenti, affrontando il nodo delle strutture che causano inefficienze e sprechi. Le città hanno bisogno di trovare nuovi modi per sostenere i giovani svantaggiati. È stato Einstein a dire che è una follia aspettarsi risultati diversi quando si fanno sempre le stesse cose. Lo status quo non è un’opzione. Si torna di nuova, inevitabilmente, alla questione della leadership. I comuni hanno qui un’opportunità di re-inventarsi, di prendere forma come facilitatori di reti e di innovazione. Ciò richiederà un nuovo atteggiamento, nuove competenze e nuovi comportamenti. In tempi incerti come questo, può sembrare una prospettiva che mette paura. Ma la posta in palio è alta e il momento è quello giusto”.

Nel paper si dice che “i Fondi Strutturali dell’UE (FESR e FSE) sosterranno espressamente l’innovazione sociale nei nuovi programmi. Ciò si aggiunge alle risorse europee già esistenti e alle future opportunità di Horizon 2020, che a sua volta finanzierà l’innovazione sociale. Sta alle città riuscire a prendersi la loro fetta di queste risorse per promuovere l’innovazione sociale.

E per concludere “questo paper, insieme alle misure per il capacity building promosse da Urbact, mira ad assistere le città europee in questo processo”.

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