Sostenere i giovani nelle città attraverso l’innovazione sociale

Come possono le città sostenere i giovani attraverso l’innovazione sociale? Questa è la sfida principale affrontata dal paper “Supporting Urban Youth Through Social Innovation: Stronger Together“, parte della serie di sei nuovi report tematici Urbact “Cities of Tomorrow: Action Today”. Scritto da Eddy Adams e Robert Arnkil, questo paper prefigura un ruolo centrale per le città, in quanto rappresentano la forma di governo più vicina ai cittadini.

Sfide e opportunità

Il report “Cities of Tomorrow” (Commissione Europea, DG Politiche Regionali 2011 sottolinea le sfide che le città europee si trovano ad affrontare per integrare i loro giovani. Secondo Eddy Adams e Robert Arnkil “la crisi del lavoro è un aspetto importante, ma non l’unico da prendere in considerazione”. Una parte significativa dei giovani europei si trovava nella condizione “NEET” (not in education, employment or training), cioè non istruita, senza lavoro e senza formazione professionale, anche prima dell’attuale crisi economica e finanziaria, mentre molti dei protagonisti dei disordini di Londra nel 2011 avevano un lavoro. Dietro la retorica di un nuovo precariato senza radici ed economicamente vulnerabile vi è il rischio di creare una sezione alienata e sconnesso della società che non condivide i valori fondanti. Con risorse sempre più scarse, come possiamo affrontare questo problema e sostenere il concetto di città europea coesa? Nel report Urbact si dice che una parte importante della soluzione alla crisi dei giovani è la trasformazione dei servizi pubblici. Gli autori proseguono dicendo che le autorità locali giovano in questo contesto un ruolo fondamentale per due ragioni: la prima è che la crisi ha messo in evidenza i limiti del loro potere, la seconda è che in quanto istituzioni più prossime ai cittadini possono mobilizzare più facilmente i portatori di interesse e ricostruire dei legami di fiducia con i cittadini.

Le condizioni per promuovere l’innovazione sociale

Anche se il termine “innovazione sociale” è nuovo, il concetto alla sua base non lo è. Eddy Adams e Robert Arnkil spiegano nel report che in Europa le città stanno usando tecniche come la co-produzione, nuove idee per la generazione di business e smart finance per contrastare i problemi sociali cronici. “Il nostro lavoro identifica le condizioni che stimolano l’innovazione sociale e i comportamenti che possono favorirla”, affermano.

  • Generazione di nuove idee

I comuni più saggi esordiscono sempre con l’assunto che “noi non possiamo sapere tutto”. Invertendo il mantra che molti professionisti conoscono bene, essi danno particolare valore al coinvolgimento dello staff che opera in “prima linea” e degli utenti in quello che Mindlab chiama “ideazione”. La chiave sta nello sviluppare dei legami di fiducia con questi stakeholders. I contributi che sono arrivati a questo lavoro da Barcellona, Nantes e Swindon dimostrano l’importanza dei leader nell’incoraggiare e nel favorire nuovi modi di pensare.

  • Accesso a conoscenze specializzate / insoliti sospetti

Prospettive diverse danno un valore aggiunto. Le città coinvolte dimostrano l’importanza di portare nuovi punti di vista per risolvere vecchi problemi. Berlino, Riga e Copenhagen dimostrano tutte come attori non tradizionali – gli “insoliti sospetti” – possano contribuire a trovare delle soluzioni attraverso la loro conoscenza dettagliata delle vite dei cittadini. La collaborazione del Jobcentre di Copenhagen con gli antropologi sottolinea come l’ascolto e la comprensione di cittadini e utenti possa portare a piccoli adattamenti e a risultati chiari.

  • Nuove prove e nuovi dati

Swindon ha re-impostato i suoi servizi familiari sulla base di prove e dati recenti. Al comune hanno realizzato che stavano spendendo 300.000 Euro per alcune famiglie, senza generare alcun impatto. Sia lo staff a contatto coi cittadini che le famiglie si sono sentiti depotenziati dal modello. Ciò mostra l’importanza di fare le domande giuste, focalizzandosi sui dati chiave e sapendo come usare efficacemente le prove raccolte.

  • Co-produzione

L’innovazione sociale consiste nel mobilizzare tutti i portatori di interesse per migliorare la pianificazione dei servizi e raggiungere risultati migliori. La co-produzione è la chiave per ottenere tutto questo. Città come Rotterdam hanno trovato modi nuovi ed eccitanti per coinvolgere gli stakeholders – in particolare i giovani – attraverso piattaforme come la rete tematica Urbact “My Generation”.

  • Nuovi modelli di fornitura dei servizi

I servizi pubblici possono faticare a raggiungere cittadini “disconnessi”. Ricostruire un legame di fiducia è un fattore importante per promuovere l’innovazione sociale. Le organizzazioni socio-economiche possono assumere un ruolo chiave, come hanno fatto a Swindon in Regno Unito, dove Participle ha inserito del personale in un complesso residenziale per costruire relazioni più solide con le famiglie svantaggiate che ivi risiedevano. Ciò ha dato il via ad una pratica innovativa in cui l’autorità locale era uno dei partner fornitori.

  • Smart finance

I comportamenti seguono i finanziamenti. Rispetto al tema giovanile, c’è un chiaro bisogno di mobilizzare tutte le risorse possibili. I testimoni urbani hanno parlato del bisogno di superare le esistenti strutture rigide per sbloccare finanziamenti che siano più appropriati al target degli interventi e più flessibili e facili da usare. Incarichi sofisticati sono necessari per ottenere servizi adeguati e, come Nantes, le città possono usare il loro potere contrattuale per plasmare la pratica degli appalti.

Un sistema di innovazione sociale

Eddy Adams e Robert Arnkil spiegano che “proprio quando abbiamo bisogno di ispirazione e di nuove idee, la crisi ci ha messo di fronte ad un clima caratterizzato dal conservatorismo e dalla scarsa propensione al rischio. C’è bisogno di leader coraggiosi e visionari per sposare l’innovazione, oggi. C’è anche bisogno di leader che partecipano, ispirano e guidano nuove idee. Guardando avanti, il successo richiede uno spostamento da una innovazione “random” ad un approccio sistemico e consapevole al rinnovamento del settore pubblico. Ciò pone delle questioni rispetto a come il settore pubblico incoraggia, sviluppa e realizza nuovi servizi. Ci sarà sempre più bisogno di dati e di evidenze certe per prendere decisioni drastiche. Ci sarà anche un gran bisogno di menti propense al rischio. Una maggiore sperimentazione significa inevitabilmente un tasso più alto di fallimento rispetto a quello che normalmente il settore pubblico è disposto ad accettare. Ciò significherà sviluppare spazi e processi che ci permetteranno di sviluppare nuove idee, prototipi su scala limitata, di valutarli e quindi di scalare progressivamente verso dimensioni maggiori. La “Young Foundation’s Social Innovation Spiral” illustra i passaggi chiave di questo processo che è caratterizzato dalla sperimentazione, dai test e da continui cicli di apprendimento. L’obiettivo è un cambiamento sistematico, capace di generare servizi migliori, risultati migliori e un impatto più grande sul settore degli investimenti pubblici. Tuttavia, “crescere” non significa tanto riuscire a replicare altre buone pratiche quanto, piuttosto, costruire a livello locale le competenze e i processi per l’apprendimento e il continuo miglioramento”.

Cosa possono fare le città?

Secondo gli autori “i city manager e i rappresentanti eletti rappresentano il pubblico principale per questo lavoro. Stretti tra i vincoli imposti dalla crisi, essi possono pensare che le città possano fare ben poco, ma non è così. Anche se esiste una forte pressione sui fondi pubblici, essi rappresentano ancora tra il 40 e il 50% del PIL nazionale. Le città, in quanto forma territoriale di governo, sono legittimate ad usare queste risorse per affrontare i problemi più urgenti, come il disamore e l’allontanamento dei giovani”. “Ma esse devono fare un uso migliore dei fondi esistenti, affrontando il nodo delle strutture che causano inefficienze e sprechi. Le città hanno bisogno di trovare nuovi modi per sostenere i giovani svantaggiati. È stato Einstein a dire che è una follia aspettarsi risultati diversi quando si fanno sempre le stesse cose. Lo status quo non è un’opzione. Si torna di nuova, inevitabilmente, alla questione della leadership. I comuni hanno qui un’opportunità di re-inventarsi, di prendere forma come facilitatori di reti e di innovazione. Ciò richiederà un nuovo atteggiamento, nuove competenze e nuovi comportamenti. In tempi incerti come questo, può sembrare una prospettiva che mette paura. Ma la posta in palio è alta e il momento è quello giusto”.

Nel paper si dice che “i Fondi Strutturali dell’UE (FESR e FSE) sosterranno espressamente l’innovazione sociale nei nuovi programmi. Ciò si aggiunge alle risorse europee già esistenti e alle future opportunità di Horizon 2020, che a sua volta finanzierà l’innovazione sociale. Sta alle città riuscire a prendersi la loro fetta di queste risorse per promuovere l’innovazione sociale.

E per concludere “questo paper, insieme alle misure per il capacity building promosse da Urbact, mira ad assistere le città europee in questo processo”.

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