Focus sulle città. Udine: l’integrazione delle persone Rom resa possibile grazie ad Urbact

Nel 2009, mentre altre città (e governi nazionali) in Europa rendevano più aspro e duro il loro approccio verso le comunità Rom (sgombri, distruzione di campi, ecc.), la città di Udine decideva di esplorare delle soluzioni inclusive con altre 10 città nella rete Urbact ROMA-NeT. Qui potete vedere come il metodo Urbact ha consentito alla città di impegnarsi con la comunità Rom e di trovare delle soluzioni sostenibili per migliorare, sin da quel momento, le loro condizioni di vita. Udine, con una popolazione di 98.000 abitanti, è una ricca città che si trova nella regione collinare del Friuli Venezia Giulia, nel nord-est Italia. Situata a circa 20 Km dalla Slovenia e a 50 Km dall’Austria, Udine è un melting pot di culture, lingue e gruppi etnici diversi. Il friulano, una lingua retoromanza dello stesso ceppo della Romanza svizzera, è parlato comunemente nella vita di tutti i giorni, così come il tedesco e lo sloveno; è infatti abbastanza normale che i suoi abitanti usino contemporaneamente fino a quattro lingue diverse quando parlano.

Ai visitatori, Udine appare come una città “in bilico”, ricca di diversità e orgogliosa del suo patrimonio multiculturale. Tuttavia, se si avventurassero qualche chilometro fuori dall’elegante centro storico medievale, scoprirebbero una realtà diversa: il più grande campo Rom illegale d’Italia. I suoi abitanti vivono lì in condizioni spaventose, senza accesso ai livelli standard di sicurezza e ai servizi minimi come l’acqua corrente e l’elettricità. L’aspettativa di vita è bassa, l’analfabetismo molto alto, le opportunità di occupazione praticamente nulle. Le tensioni interne e i litigi tra le famiglie rivali inaspriscono ulteriormente la precarietà e la violenza nel campo e verso il “mondo esterno”.

Un progetto nato durante una caccia alle streghe contro la popolazione Rom

Nel 2008, un giro di vite contro i Rom è stato chiesto a livello nazionale da politici sconsiderati. Il clima generale in Italia era analogo a quella di una caccia alle streghe. Ai sindaci venivano dati poteri straordinari per forzare gli sgomberi degli accampamenti Rom, senza fornire delle soluzioni di alloggio alternative. Le tensioni tra i Rom e i “gaggi” (i “non Rom”) erano esacerbate, la sfida tra le due parti aveva raggiunto il suo picco. Distruggere i campi era considerato da alcuni come una soluzione drastica ed efficace alla questione Rom, ma era chiaro che senza una pianificazione di lunga durata un simile approccio era, ed è, destinato a fallire: nuovi campi sarebbero sorti di nuovo in quelle aree.

Ad ogni modo, Udine voleva muoversi in una direzione diversa: “il nostro governo locale era convinto che l’unico modo per fare progressi non erano gli sgomberi, quanto piuttosto l’inclusione sociale”, sottolinea Antonella Nonino, Assessore del Comune di Udine responsabile per le questioni Rom, ritornando sull’esperienza di Udine in ROMA-NeT. Antonella Nonino era stata chiamata per lavorare sulla tematica Rom e per progettare un programma locale per favorire l’inclusione dei Rom solo qualche mese prima del lancio della rete ROMA-NeT.

In un momento in cui il governo italiano si appellava alle altre istituzioni per mettere in campo azioni forti e decisive per risolvere la cosiddetta “emergenza Rom”, Udine decideva di guardare più da vicino alle esperienze fatte in altri Paesi dell’Ue per cercare soluzioni sostenibili. Anche se Antonella riconosce di essere stata scettica, all’inizio, riguardo ai benefici del prendere parte ad un progetto che avrebbe finanziato scambi e non azioni…decise di provare: “avevamo molte idee, ma non sapevamo da dove cominciare e come implementarle. Budapest ci ha contattati nel momento giusto quando ci ha invitati a far parte del progetto ROMA-NeT.

IL QUADRO UE PER LE STRATEGIE NAZIONALI DI INTEGRAZIONE PER I ROM

Nel 2011 la Commissione Europea ha adottato un Quadro per le Strategie Nazionali di Integrazione per i Rom incentrandosi su quattro aree principali: l’istruzione, l’occupazione, la salute e l’alloggio. Le strategie presentate dagli Stati Membri sono state valutate dalla Commissione Europea e la loro implementazione si è accompagnata alla creazione di Punti di Contatto nazionali sul tema dell’integrazione dei Rom.

Se volete saperne di più sui progressi fatti finora, leggete il Report 2014 sull’implementazione del Quadro per le Strategie Nazionali di Integrazione per i Rom.

Far sedere tutti allo stesso tavolo: una fase molto impegnativa!

Come per la maggior parte dei partner di Urbact, la prima sfida per Udine è stata quella di riunire i principali portatori di interesse intorno allo stesso tavolo per fare una ricognizione della situazione locale e cercare insieme delle possibili vie d’uscita. Trattandosi della tematica Rom, questa fase si è rivelata ancora più complicata.

Le associazioni che lavoravano sul campo con i Rom erano restie a prendere parte ad un progetto che sembrava a prima vista “tutte parole e niente azione”. Maria Cantarutti, una volontaria della Società San Lorenzo de Paoli, un’associazione religiosa locale di volontariato, la mette in questi termini: “Siamo abituati a lavorare in un continuo stato di emergenza con la comunità Rom e lottiamo per fornire un’assistenza di base. Abbiamo poco tempo per le parole, quindi…”.

Per cominciare, tutte le organizzazioni che avevano a che fare con la comunità Rom furono contattate ed invitate agli incontri con il Comune. Gli stakeholder erano molto eterogenei, spaziando dagli enti pubblici (autorità sanitarie, servizi sociali, ecc.) alle opere pie e alle associazioni di volontariato. Il settore pubblico, quello privato e il terzo settore erano tutti rappresentati. Per molte organizzazioni, si trattava della prima volta che avevano l’opportunità di parlare tra di loro e con il Comune.

Lo scopo dei primi incontri era quello di stabilire una visione comune su ROMA-NeT e di redigere uno studio di base con l’indicazione delle priorità da affrontare. Il processo si è rivelato difficile. Ogni stakeholder aveva un punto di vista diverso su come fosse meglio andare incontro agli interessi della comunità Rom, punti di vista che spesso si scontravano con quelli della stessa comunità Rom.

Nonostante ciò, grazie all’esercizio dello studio di base e con l’aiuto dell’esperta della rete, Ann Hyde, è stato possibile identificare e mettersi d’accordo su quattro priorità sulle quali il Gruppo di Supporto Locale avrebbe dovuto lavorare: accesso al lavoro; accesso all’istruzione; accesso all’alloggio; e accesso alla salute. Di particolare importanza è stato il tema dei giovani, dell’alto tasso di abbandono scolastico (98%, dal momento che i genitori sono soliti ritirarli dalla scuola una volta che hanno imparato a leggere, scrivere e a far di conto) e delle carenze sanitarie (obesità diffusa, aspettativa di vita estremamente bassa, ragazzi non vaccinati). Infine, un problema ricorrente continuava a presentarsi al tavolo quando si stava delineando lo studio di base: la mancanza di fiducia tra la comunità Rom e le autorità pubbliche. Per il Comune, rompere i vecchi schemi di diffidenza rappresentava una priorità prima di poter sviluppare delle azioni che sarebbero potute andare nell’interesse di tutti gli attori coinvolti.

Costruire la fiducia per creare dei ponti tra le comunità e identificare bisogni reali

Con l’aiuto dell’esperto della rete e grazie agli input e alle idee dei partner, Udine è riuscita nell’intento di costruire una partnership solida con la comunità Rom. Il Comune ha deciso che i Rom avrebbero dovuto essere al centro del Gruppo di Supporto Locale: il loro know-how e la loro esperienza nell’avere a che fare con le diverse associazioni era necessario per capire le dinamiche locali, i bisogni della comunità e per sviluppare un’atmosfera di co-produzione nel Gruppo di Supporto Locale. Ottenere la fiducia della comunità Rom si è dimostrato un compito arduo: è stata fatta una mediazione sul campo, parlando con un gruppo o con una famiglia per volta e chiedendo loro quali fossero le loro prospettive sul campo, sulle politiche locali dirette a loro e sui loro bisogni, speranze e desideri. In questo senso, ROMA-NeT è stato davvero un processo bottom-up che ha impiegato molto lavoro sul campo.

Alla fine, i leader della comunità Rom locale sono diventati sempre più consapevoli di poter giocare un ruolo importante nel Gruppo di Supporto Locale e che la loro opinione e le loro richieste avrebbero contato. Si è trattato di un vero cambiamento di rotta per Udine.

Per gli attori coinvolti nel Gruppo di Supporto Locale, questo processo ha comportato un cambiamento nella mentalità su come affrontare “la questione Rom”. Proprio all’inizio di ROMA-NeT, gli stakeholder per lo più condividevano l’opinione che la soluzione migliore sarebbe stata quella di equipaggiare il campo con dei furgoni e con generi di prima necessità. Tuttavia, i contatti dal basso rivelavano che questo approccio era basato su un pregiudizio, in particolare su quello secondo il quale le popolazioni Rom accettano di buon grado la segregazione sociale, e che addirittura la desiderino. Il vice sindaco di Udine, Antonella Nonino, ricorda: “all’inizio, pensavamo che uno dei principali sforzii del Gruppo di Supporto Locale di Urbact dovesse essere quello di convincere i Rom a lasciare il campo. Tuttavia, abbiamo capito durante i nostri incontri che loro stessi desideravano lasciare il campo ma che non sapevano come farlo e come affrontare la situazione. Il Gruppo di Supporto Locale è stato il ponte tra due mondi e i loro pregiudizi”.

Condividere esperienze e pratiche con altre città europee si è dimostrato utile sin dall’inizio. L’esperienza di Budapest con i Rom, in particolare, è stata di grande ispirazione. Le lezioni apprese da politiche attuate in passato hanno messo in evidenza che la vera integrazione richiede tempo e che forzare l’integrazione (ad esempio spostando le famiglie Rom dai ghetti a quartieri in appartamenti) è quasi sempre un processo destinato al fallimento. Invece, ciò che è richiesto è un processo di integrazione graduale con un sostegno attivo e individuale e con una adeguata comunicazione lungo il percorso.

Progettare un piano di azione integrato per fare la differenza

Una volta che il Gruppo di Supporto Locale ha trovato un accordo su come approcciare le questioni locali legate ai Rom, il passaggio successivo consisteva nel cominciare a lavorare su un piano di azione, anche sulla base delle aspettative di tutte le città che facevano parte della rete Urbact.

Per Udine, questo Piano di Azione Locale doveva riflettere l’approccio partecipativo adottato in ROMA-NeT ed essere il prodotto del Gruppo di Supporto Locale. Non una proposta del Sindaco né, tanto meno, del Comune, ma quella di un gruppo di cittadini attivi e di organizzazioni che erano stati chiamati a contribuire in qualità di esperti al processo di policy making. Per il team di Udine, il piano di azione locale ha rappresentato un elemento chiave per la formalizzazione delle priorità definite congiuntamente da tutti gli stakeholder, così come per l’individuazione delle azioni proposte per affrontare i problemi principali. Ha rappresentato anche la base ufficiale per esplorare opportunità di finanziamento e per costruire una adeguata ingegneria finanziaria per l’esecuzione delle azioni.

Con l’endorsement del Piano di Azione Locale da parte del Comune, il Gruppo di Supporto Locale ha acquisito una solida legittimità. Maria Cantarutti parla dalla prospettiva di una ONG: “i nostri timori si sono rivelati infondati. Il metodo Urbact applicato ad Udine grazie a ROMA-NeT dimostra che la partecipazione dal basso può davvero aiutare a creare un coinvolgimento efficace tra tutti gli attori coinvolti, inclusi i Rom. Urbact ha cambiato il modo in cui noi approcciamo il tema nella nostra realtà locale: siamo passati da un approccio paternalistico ad un approccio basato sull’auto-riconoscimento, aprendo la strada ad una soluzione a lungo termine che funziona per tutte le parti coinvolte”.

Grandi progressi con pochi sforzi…

Non ci è voluto molto perché il metodo Urbact dispiegasse i suoi primi risultati: nell’arco dei tre anni del progetto (ROMA-NeT si è concluso nel 2013), il numero di persone che vivono nel campo illegale si è dimezzato. “E senza ordinanze di sgomberi!”, sottolinea Antonella Nonino. Grazie al Gruppo di Supporto Locale di Urbact, si sono sviluppate sinergie tra i vari attori: ad esempio, la Caritas, una organizzazione locale che si occupa di social housing e una compagnia di costruzioni hanno lavorato insieme per cercare una soluzione di alloggio che funzionasse per la comunità Rom.

Antonella è impressionata dai primi risultati ottenuti grazie alla partecipazione di Udine a ROMA-NeT. “I tassi di criminalità sono diminuiti moltissimo in quel campo, il 60% dei suoi abitanti lo ha abbandonato per cercare una soluzione di alloggio permanente, e questi risultati sono stati raggiunti senza ricorrere a delle costose azioni “ispirate alla sicurezza”, se si pensa che radere al suolo un campo con i bulldozer costa 250.000 Euro…”.

Inoltre, ROMA-NeT ha fornito grande visibilità e legittimità alla comunità di stakeholder coinvolti nel Gruppo di Supporto Locale. Maria è entusiasta dei risultati della loro partecipazione nel processo: attraverso Urbact, sono stati contattati dall’UNICEF, con cui al momento stanno organizzando un servizio sanitario dopo-scuola per i ragazzi Rom. “Abbiamo scoperto che alcuni di questi ragazzi soffrono di deficit di apprendimento non diagnosticati, che è una delle ragioni per cui lasciano la scuola”. Un’altra organizzazione ha insegnato alle donne Rom a leggere e a scrivere, prendendo come pretesto il fatto che non erano in grado di compilare i moduli necessari per ricevere le bombole di gas offerte loro per riscaldare i loro alloggi. Alcune di loro sono riuscite a completare l’8° livello.

Ma soprattutto, per Antonella Nonino, l’esito più importante della rete è stato il cambio di mentalità di Udine: “prima di ROMA-NeT, allontanavamo gli stakeholder che cercavano di fare del loro meglio per servire la comunità. Adesso abbiamo dei partner qualificati che hanno voglia di continuare ad apprendere”.

Antonella ritiene che nei prossimi anni sarà di importanza cruciale potenziare le connessioni tra le reti Urbact e la programmazione dei fondi strutturali. “C’è un “prima” e un “dopo” la partecipazione in Urbact: tutto cambia per diventare più efficace, più partecipativo, più trasparente. Il Fondo Sociale Europeo ha bisogno di essere riformato sulla base di questi cambiamenti. Non avrebbe senso per il FSE continuare a finanziare le stesse azioni quando Urbact è già due passi avanti sul tema dell’integrazione”, continua Antonella. Le sue considerazioni sono molto importanti: sono una “sveglia” in un momento in cui il futuro di Urbact è nelle mani dei policy makers.

LE RETI PILOTA URBACT

Insieme a EVUE e ad ESIMeC, il progetto ROMA-NeT è stato selezionato come una delle tre reti pilota che testeranno la cooperazione urbana ottenuta attraverso Urbact nella predisposizione di una fase di esecuzione dei loro progetti. La sfida per le città coinvolte in queste reti riguarda il modo in cui assicurare la sostenibilità e l’integrazione (due caratteristiche fondamentali per i piani di azione Urbact), attraverso la fase di implementazione. Detto in un altro modo, questa sfida riguarda il modo in cui si può assicurare che in ciascuna fase e in ogni tempo le azioni che hanno luogo integrino le dimensioni economica, sociale ed ambientale.  

Photo credits: UNDP Europe and CIS su flickr

Per saperne di più:

ROMA-NeT mini-site– Sito URBACT

Udine’s Local Action Plan– Documento di progetto

ROMA-NeT 2  mini-site– Sito URBACT

EU Framework for National Roma Integration Strategies– Sito della Commissione Europea, DG Giustizia

Improving Impact for Roma Inclusion– Articolo dal blog di Urbact