Un’istantanea dei 150 anni d’Italia nel volume Anci-Ifel

altCom’è cambiato il nostro paese nell’ultimo secolo e mezzo? Il 17 marzo abbiamo festeggiato il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia e per l’occasione l’Anci in collaborazione con l’Ifel ha voluto ripercorrere la storia nazionale sotto una lente urbana attraverso una pubblicazione dal titolo:“1861-2011 l’Italia dei Comuni – 150 anni di Unità”.
Suddiviso in sei tappe storiche, il volume ci restituisce un’istantanea del Paese sui cambiamenti e sugli aspetti che hanno maggiormente contraddistinto l’istituzione più vicina al cittadino: il Comune.

Nel 1861 sono circa 7.720 i Comuni nel Regno arrivando a 9.129 nel 1921 per ridiscendere a 7.810 nel 1951 fino a risalire oggi a 8.094. Napoli è la città più popolosa con i suoi 447mila abitanti seguita dalla allora capitale Torino con 204mila abitanti e da Milano con 196mila abitanti. Napoli resta per oltre sessant’anni la città più grande dello stivale fino a quando nel 1931 un censimento nazionale “incorona” Roma come la nuova metropoli del paese.

Il numero medio dei componenti per famiglia era quasi il doppio rispetto a quello attuale: 4,66 contro 2,41. Contrariamente a quanto si è portati a pensare, non era tanto il sud a detenere il primato della famiglia più numerosa quanto i comuni delle aree centrali del Regno che facevano registrare il più alto numero di famiglie con oltre 5 componenti: in Romagna, ad esempio si arrivava a 5,22 componenti, in Toscana a 5,23 e in Umbria si arrivava perfino a 5,36. Anche la Lombardia faceva registrare un alto numero di famiglie con 5 componenti mentre in quelle che si chiamavano le “Province napoletane” le famiglie erano composte in media da 4,44 componenti. La popolazione italiana era molto più giovane, l’età media era pari a 27 anni rispetto a quella attuale di 43. Nel primo decennio di Unità l’Italia resta sostanzialmente un paese ancora povero: il reddito nazionale pro capite era di 316 lire (pari al valore attuale di 1.343 euro). Milano, cuore dell’industria e dell’economia, aveva invece meno di 200mila abitanti con un sorprendente cambiamento nel corso del tempo che ha visto crescere di oltre sei volte il numero dei suoi residenti rispetto a quelli di Napoli che in un secolo e mezzo sono poco più che raddoppiati. Probabilmente ciò è dipeso dal gran numero di comuni annesso: ben 29. E’ soprattutto nel cinquantennio 1901 – 1951 che Milano si afferma come la grande metropoli industriale del paese.
Se Milano oggi conta mediamente lo stesso numero di abitanti rispetto a sessant’anni fa: un milione 307.495 contro un milione 274.245, nello stesso periodo Roma cresce invece di oltre un milione di abitanti e Napoli perde circa 100mila abitanti solo negli ultimi vent’anni a causa dell’emigrazione e del pendolarismo temporaneo.

Il 1901 segna la nascita dell’Associazione nazionale dei Comuni Italiani con l’adesione di 1044 comuni di cui 674 localizzati nelle regioni settentrionali, 238 in quelle del centro e 139 in quelle meridionali. Nel 2011 invece i comuni che aderiscono all’Anci sono 7.139 rappresentativi del 90% della popolazione.
Tra il censimento del 1871 e del 1901 si registrano 18 nuovi comuni, tra cui Elena (inglobata nel 1927 nel Comune di Gaeta) e San Giuseppe Vesuviano (Campania) che risultano anche quelli più popolosi rispettivamente con 11.169 e 10.063 residenti. Cresce l’età media degli italiani pari a 28 anni e 4 mesi mentre le famiglie composte da una sola persona sono pari all’8,8%. Oggi il dato si attesta sul 28,1%. I primi decenni del Novecento fanno registrare anche il più massiccio flusso migratorio verso l’estero con oltre 600 espatri ogni anno. Il 40% di questi ha come destinazione gli Stati Uniti.

L’agricoltura resta il settore in cui è impiegata la maggior parte della popolazione, per lo più maschile, pari a circa 37.859 ogni 100mila abitanti. Mentre i cittadini nella pubblica amministrazione, senza contare gli insegnanti, erano solo 178.241 di cui 173,177 maschi e 5064 femmine. Oggi invece gli impiegati nella pubblica amministrazione sono oltre due milioni e mezzo e le donne sono il 55%. Venivano compresi negli uffici della pubblica amministrazione anche quelli delle colonie. Nel 1921 gli italiani nelle colonie africane erano 22.183 di cui il 57% aveva tra i 21 e i 40 anni d’età.

Gli abbonati al telefono erano117mila mentre il 9,7% dei cittadini aveva una proprietà immobiliare. Oggi invece circa l’80% della popolazione possiede una casa di proprietà mentre le famiglie in affitto raggiungono il 18,9% del totale. Superato il periodo fascista, in cui il sindaco fu sostituito dalla figura del podestà, gli affitti ammontavano al 48,3%.

Intanto l’Italia si avvia verso la modernizzazione con la diffusione dell’auto che cresce prepotentemente nel corso degli anni. Si passa infatti dalle 425.283 automobili del 1951 a ben 36milioni di oggi. Siamo diventati un paese con oltre 60milioni di abitanti, di cui il 7% di stranieri risiedono in 8.094 comuni. Nelle 15 città metropolitane vivono 9,6 milioni di abitanti, nei 5.693 piccoli comuni invece 10,3 milioni di abitanti.

Questo excursus storico dei nostri 150 anni dimostra che l’Italia è diventata sì un paese più ricco ma anche più vecchio: ogni 100 giovani si registrano infatti 143,4 anziani. L’economia si è terziarizzata con famiglie sempre più ristrette, eccezion fatta per San Vitaliano (Napoli) in cui si registrano 4 componenti per famiglia e il comune resta l’istituzione più vicina al cittadino. Non a caso i dati dimostrano che i comuni nel corso della storia nazionale restano l’ossatura della struttura demografica italiana. Infatti anche se in termini percentuali i piccoli comuni con meno di 5mila abitanti sono diminuiti restano nel 2010 il 70,3% delle amministrazioni comunali (erano l’88,3% nel 1861).
Sono cresciute anche le città con oltre 100mila abitanti di cui Roma e Milano hanno superato il milione di abitanti. Il comune più giovane è Lauregno/Laurein (in Trentino-Alto Adige) con 24 ragazzi sotto i 15 anni per 100 abitanti mentre Zerba (Emilia Romagna) quello più anziano con il 64,3% della popolazione con 65 anni d’età. Il comune più piccolo invece è Pedesina (Lomabardia) con solo 33 abitanti rispetto ai 136 del 1861.