Biennale dello Spazio Pubblico, Melin (UN-Habitat): “Cooperazione urbana decisiva per il futuro delle città mondiali”

altIl modello italiano di gestione degli spazi pubblici può fare scuola nel mondo? La Biennale terminata a Roma da pochi giorni ha riservato interessanti momenti di confronto alle differenti modalità di utilizzo degli spazi pubblici a livello italiano ed internazionale, evidenziando la tipicità di un modello ancora capace di influenzare i futuri sviluppi dell’urbanismo mondiale. A suggellare l’interesse della comunità internazionale degli esperti verso questo tema è stata anche la presenza del direttore delle relazioni esterne di UN-Habitat Thomas Melin, che in occasione della Biennale ha siglato un accordo di cooperazione con l’Inu per la diffusione di buone pratiche nella progettazione, nello sviluppo e nella gestione degli spazi pubblici. A Cittalia Melin delinea i tratti dell’impegno di UN-Habitat per le città mondiali.
Qual è il vostro principale target d’azione e in che modo sostenete gli sforzi dei livelli nazionali e locali per contesti urbani di qualità?
Uno dei nostri obiettivi principali è costituito proprio dagli enti locali, perché sono quelli che agiscono concretamente per rendere le città più sicure e per realizzare spazi pubblici migliori. All’interno dell’Onu, i governi locali non hanno una rappresentanza propria come può averla uno Stato dotato di un seggio in Assemblea generale ma come UN-Habitat siamo l’agenzia investita del compito di favorire il coinvolgimento degli enti locali. Lo facciamo promuovendo il dialogo ufficiale con sindaci e amministratori locali nell’ambito dell’United Nations Advisory Committee of Local Authorities, attraverso cui si sviluppa un dialogo costante con numerose realtà urbane e di ricerca in tutto il mondo.
Che contributo può venire dall’Italia alle vostre attività di formazione e coinvolgimento dei governi locali nei quattro angoli del pianeta?
L’Italia possiede un immenso patrimonio di conoscenza urbana. Ci sono più architetti in Italia che in tutta l’Africa e ciò può sicuramente rappresenta un elemento di paragone importante se si considera il ruolo decisivo che questo trasferimento di conoscenze può avere per l’intero continente e non solo. Ogni giorno nel mondo oltre 200mila persone vanno a vivere nelle città e ciò fa registrare, soprattutto in alcuni continenti come l’Africa, una forte pressione sui contesti urbani. Tali processi vengono spesso gestiti con una presenza ridottissima di personale pubblico e pochissime conoscenze tecniche: il ruolo di UN-Habitat è quello di connettere conoscenze e far emergere lo sviluppo di processi e pratiche condivise.
In che modo è possibile sostenere questo?
Ci sono paesi che finanziano la cooperazione locale, agendo attraverso le proprie città e facendone dei vettori di conoscenza e sviluppo al di fuori dei propri confini. I paesi hanno bisogno di politiche urbane nazionali per capire come costruire nuove città, migliori e più sostenibili rispetto al passato. In molti paesi in via di sviluppo si è capito che portata avessero i processi di urbanizzazione solo negli ultimi tre anni. Il prossimo passo è contribuire ad una gestione positiva di questi processi, anche in collaborazione con le imprese private. Abbiamo ad esempio dato vita ad un gruppo informale di imprese che si interessano di processi e tematiche urbane, come le smart city, un tema che contribuirà sensibilmente a risolvere il grande problema del degrado urbano per oltre un miliardo di persone che vivono ancora negli slum.
Oltre all’azione di UN-Habitat, in che modo le Nazioni Unite intendono agire per promuovere un’azione globale sui temi urbani?
Per il 2016 le Nazioni Unite stanno organizzando Habitat III, terza conferenza mondiale su housing e sviluppo urbano sostenibile che costituirà un grande passo avanti su questo tema a vent’anni dalla Dichiarazione di Istanbul. La conferenza prenderà decisioni importanti, sulla scia di quanto deliberato nel 2012 a Rio +20, dove I leader mondiali hanno riconosciuto che l’urbanizzazione avrà un ruolo sempre più significativo con l’aumento della popolazione urbana mondiale. Rispetto al World Urban Forum, che è uno spazio di confronto e di dibattito, ad Habitat III si prenderà una direzione decisamente rivoluzionaria anche nel modo in cui le città contribuiscono ai processi decisionali dell’Onu.
Quali connessioni è possibile sviluppare tra l’azione di Onu, Unione europea e stati membri per promuovere a livello mondiale quel modello urbano che caratterizza così fortemente l’Europa?
L’Unione europea ha agito in maniera molto intelligente e mirata sulle città, varando una serie di azioni e attivando momenti di intensa riflessione e confronto sui temi urbani. Bisognerebbe però fare molta più cooperazione su queste tematiche ed inserirle appieno nella strategia d’azione esterna dell’Ue. L’azione transazionale è molto importante in questo senso ma anche nella cooperazione tra città stesse, per affrontare alcuni temi al centro del dibattito in Europa, tra cui il welfare e l’inclusione dei migranti. Queste sono alcune delle aree in cui c’è maggiore bisogno di scambio di conoscenze e inclusività nei processi di decision making. Al coinvolgimento nella gestione degli spazi pubblici dedicheremo attenzione particolare al prossimo World Urban Forum di Medellin nel 2014 mentre al “Future of places” sarà dedicata la conferenza prevista a Stoccolma dal 24 al 26 giugno.

Simone d’Antonio