La pratica del welfare locale

Fare fronte in un momento di crisi economica ad un forte aumento della domanda di welfare locale da parte di fasce sempre più ampie della popolazione potendo contare su trasferimenti e risorse sempre più esigui è la sfida affrontata negli ultimi anni dai comuni italiani. Dal 2003 al 2013 la spesa per il welfare non è diminuita ma l’80% degli interventi è stato finanziato con risorse proprie dei comuni. Un’analisi su strategie e interventi adottati a livello locale per adattare i sistemi di welfare territoriale all’attuale contesto economico e politico viene fornita dal volume “La pratica del welfare locale” di Monia Giovannetti, Cristiano Gori e Luca Pacini, in uscita per Maggioli Editore.

Nel testo ampio spazio è inoltre dedicato alle prospettive del welfare sociale nazionale: vengono evidenziati i tratti di criticità specifici nelle diverse politiche statali per identificare poi alcune piste di riforme possibili.
I trasferimenti statali per il welfare locale e la spesa totale dei comuni per il welfare locale hanno avuto, negli ultimi anni, un andamento inversamente proporzionale. Infatti la spesa statale è stata tagliata di un terzo, passando da 1.187.786.815 euro nel 2003 a 643 milioni di euro nel 2013 mentre la spesa sostenuta a livello locale ha avuto un aumento del 36% : si è passati cosi da meno di 6 milioni di euro a 7,8 milioni Diminuiscono i fondi nazionali, ma non i bisogni di servizi. A risentire di questi tagli sono così i soggetti più vulnerabili: famiglie e minori, anziani e persone con disabilità o le categorie in stato di povertà.
La povertà assoluta, ovvero quella condizione nella quale non è possibile accedere ai beni ritenuti essenziali per conseguire uno stile di vita minimamente accettabile, colpisce due milioni e 28 mila di famiglie. Tre milioni e 230mila famiglie si trovano in condizioni di povertà relativa (pari al 12,6% dei nuclei familiari residenti), non arrivando quindi a 1000 euro con gli stipendi di due persone. In forte aumento anche il tasso di disoccupazione che passa dal 10,8% del primo trimestre 2007 al 20,5% del primo trimestre 2014. Gli incrementi più forti si registrano sorprendentemente in città del Centro-Nord: a Ferrara si registra un aumento del 354%, +268,4% a Ravenna, +261,2% a Reggio Emilia.
Rendere le strategie di welfare nazionale più uniformi rispetto al livello europeo per ridisegnare l’intero sistema di assistenza e riscrivere la spesa sociale è una delle proposte formulate dagli autori del volume, che si inserisce nel dibattito tra esperti e amministratori locali da tempo attivi sul tema da angolature diverse. Sul piano europeo, notano gli autori, le differenze principali si notano soprattutto nell’utilizzo delle risorse. La spesa nazionale italiana per il welfare si attesta al di sotto media europea seppur cresciuta negli ultimi anni. In particolare, se si mettono a confronto i principali interventi in alcuni paesi europei si mette in luce l’immobilità dell’Italia nell’investimento in materia di prima infanzia e contrasto alla povertà, Le politiche di welfare nel nostro paese rischiano di basarsi sempre di più su interventi di carattere monetario e circoscritto, piuttosto che sullo sviluppo di servizi e politiche strutturali e a tutto tondo.
Gli snodi decisivi per il futuro del welfare locale in Italia sono l’adozione di una nuova strategia nel finanziamento degli interventi, un’infrastruttura nazionale più forte e una direzione ben precisa delle azioni locali. I dati mostrano che senza un maggiore investimento di spesa pubblica sarà impossibile evitare l’involuzione del welfare a livello locale. Come la maggior parte dei comuni all’interno dei propri bilanci ha spostato risorse da altre voci per destinarle al sociale, così sarebbe necessario agire a livello nazionali, sostengono gli autori, per impiegare al meglio fondi spesso non utilizzati al meglio. La realizzazione di una infrastruttura nazionale per la ridefinizione dei diritti a ricevere servizi di welfare sociale completerebbe il quadro degli interventi necessari, nel quadro di una cabina di regia centrale per monitorare e valutare gli interventi con una visione più ampia.
Anche il welfare locale può darsi delle regole e migliorare, secondo gli autori. È necessario investire sulla presenza diffusa di operatori qualificati e costruire una rete d’offerta sempre più articolata. Si tratta quindi di incrementare i punti unici di accesso su tutto il territorio, che sappiano garantire ai cittadini accoglienza, informazione e orientamento nei servizi sociali. La strada verso un welfare locale migliore e più inclusivo deve essere capace di offrire alle persone, entro i limiti delle loro condizioni, la possibilità di scegliere quale percorso di vita costruirsi, ovvero la cosiddetta “libertà di scelta di seconda generazione”.
Rilanciare il modello di welfare a tutto tondo a partire dalla centralità degli enti locali è l’esigenza che emerge quindi dal testo, che sottolinea il ruolo dei comuni nell’attivazione di dinamiche relazionali in grado di rigenerare le comunità territoriali e l’intero tessuto sociale.