La città che cambia

Si è tenuto lunedì scorso a Milano il convegno organizzato dall’associazione Reset-Dialogues on Civilizations, intitolato “La città, uno spazio comune, molte culture”.
Nel corso dell’evento si sono confrontati artisti ed architetti per modulare una nuova prospettiva degli spazi comuni.

Lo spazio pubblico comune e condiviso è ornai considerato un requisito fondamentale della struttura urbana per una rigenerazione dell’abitare nella città contemporanea. Lo spazio pubblico fonda infatti le sue radici all’interno del duplice significato che lega la dimensione fisica dello spazio a quella sociale e relazionale dei cittadini.

E cresce anche il dibattito intorno alle città come fenomeno globale ed alla nuova forma di governance mondiale.
Le città sono soggetti emergenti nello scenario della governance globale, dove per governance s’intende il complesso delle interazioni che danno luogo alle scelte di governo configurato come “multilivello” e caratterizzato altresì dall’attivismo delle istituzioni “infra-nazionali”.

La città contemporanea è interessata da forti cambiamenti sociali ed economici che ne ridisegnano i confini, simboli in una certa misura, di identità. Si tratta di cambiamenti che si evidenziano in particolar modo nello spazio pubblico: è proprio nello spazio che diviene luogo, nel luogo condiviso, che si sommano gli uni agli altri significati valoriali come diretta conseguenza dell’interdipendenza culturale urbana. In questa accezione lo spazio pubblico, che rimane a far parte della storia e dell’identità di una città, diviene anche l’esito di rielaborazioni che si aggiungono ai significati, alle abitudini, alle consuetudini.

Le strade, le piazze, i luoghi cosiddetti pubblici sono soggetti sono spazi di passaggio, d’incontro, di commercio, di gioco, che possono stimolare la creazione di legami sociali o rappresentare potenzialità di conflitto.

Antony King è tra i primi ad adoperare il termine “città globali” attribuendo ad esse un ruolo preminente in rapporto alla progressiva distribuzione dei flussi di capitale e di informazioni nella nuova economia globale.

Per Sasksia Sassen, la città globale è un nuovo concetto teorico per studiare la città come luogo d’intersezione tra globale e locale. Le città globali sono quindi il crocevia per relazioni, commerci, finanza, attività economiche. Le città sono la culla delle grandi trasformazioni, reattive e dinamiche, pronte a cogliere i mutamenti della società e le sfide della modernità.

La globalizzazione suggerisce nuovi modelli di cittadinanza e di democrazia, che rischiano di essere però inattuabili se non si promuove la formazione di una nuova coscienza civile.
Lo pensa Benjamin Barber, politologo statunitense noto per il suo bestseller tradotto in più di venti lingue “guerra santa contro Mc Mondo”, docente di scienze politiche presso l’Università del Marylad, da anni si interessa ai fenomeni della democrazia partecipativa su scala globale. Egli suggerisce un programma per diffondere la consapevolezza dell’interdipendenza delle problematiche del mondo come strumento per la formazione di una nuova sfera pubblica su scala globale. E per questo propone un nuovo ruolo dell’educazione, i servizi civili e sociali nel mondo, nonché la creazione di luoghi ed edifici che ospitino nelle città globali la pluralità delle culture presenti in esse.

Dove è una città, o potremmo anche dire dove prevale la città, deve prevalere anche l’eguaglianza che deriva dalla comune appartenenza alla città (e per prevalere intendo valere prima, prima della diffidenza, del preconcetto della paura delle diversità). La relativa eguaglianza pone in primo piano quella condivisione di interessi che è propria di ogni cittadino, ovvero di colui che abita e vive nella città e conseguentemente impone la ricerca di strumenti di confronto tra pari dignità, al fine di garantire l’esigenza di sicurezza e di pace per un reale modello di governo democratico.

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