La società dell’uguaglianza

La democrazia sta attraversando una controversa fase di crisi. Da un lato, si assiste ad un incremento del numero di Stati formalmente democratici mentre dall’altro crescono le disuguaglianze sociali e le differenze tra gli individui sempre più “atomizzati” che non sono più capaci di fare comunità. E’ la dura analisi del politologo francese e docente di storia al Collège de France Pierre Rosanvallon che, nel libro “La società dell’uguaglianza” (Castelvecchi editore), individua nell’arretramento e nello svilimento del concetto di uguaglianza la principale causa della crisi del sistema democratico. Il feticcio del mercato, l’egemonia del “neoliberismo” hanno contributo a minare le basi del sistema democratico che dovrebbe fondare invece le sue radici nel concetto stesso di uguaglianza. La democrazia non può essere ridotta alla sua forma politica ma esige che gli individui vivano in una “società di eguali” dove tutte le persone possano condividere “un terreno comune o non troppo differente di ambiti e possibilità”. Oggi – come rimarca l’autore – le azioni dei decisori politici sembrano essere invece governate da quello che definisce il “paradosso di Bossuet”: “gli uomini deplorano a parole ciò che contribuiscono nei fatti a perpetrare”. Secondo Rosanvallon nella pratica “si persevera nell’attuazione di politiche dettate da idee come quella della concorrenza e della meritocrazia che alla fine dei conti non fanno altro che preservare e aumentare le differenze sociali”. Questo ha prodotto una lacerazione tra “cittadinanza politica” e “cittadinanza sociale”. Per cui, se da un lato i cittadini reclamano una maggiore partecipazione politica “non accontentandosi di far sentire in modo intermittente le loro voci alle urne” manca, invece, dall’altro lato la capacità di tessere delle reti di relazione, di fare comunità. Si tratta di rifondare una vera e propria filosofia dell’uguaglianza basata sulla reciprocità e la partecipazione perché il concetto stesso di “uguaglianza” sembra essersi allontanato dall’esperienza, dalla vita concreta trasformandosi invece in “una divinità lontana, il cui culto abitudinario non alimenta più alcuna fede vivente. Ormai – scrive l’autore – (l’uguaglianza ndr) si manifesta solo come incantesimo negativo per ‘ridurre le disuguaglianze’ (…) senza più disegnare l’immagine positiva di un mondo desiderabile”. Il concetto di uguaglianza ha difatti perso la sua portata universale diventando perlopiù un elemento “accessorio” di una politica fatta di annunci.
Il nodo da sciogliere, secondo il politologo francese, è la dato dalla necessità di recuperare il concetto di “eguaglianza-relazione” , alla base del senso di comunità, per ricucire i legami sociali e le relazioni umane verso una reale “società di eguali”.