Decreto liberalizzazioni in Gazzetta Ufficiale

altIl Decreto liberalizzazioni è il d.l. n. 1 del 24.01.2012 e, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è entrato in vigore il 24 gennaio 2012: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha firmato il decreto, che è stato così pubblicato nel Supplemento ordinario n. 18 alla Gazzetta Ufficiale n. 19 del 24 gennaio 2012 e denominato “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”. E’ composto da 97 articoli e reca alcune novità: tra queste l’abrogazione delle tariffe professionali; gli sconti sui farmaci, le nuove misure sui risarcimenti rc auto e gli sconti sulle polizze per chi si fa installare la scatola nera; la piena deregulation per la vendita di alimenti, quotidiani e tabacchi nelle stazioni di rifornimento carburante; le nuove regole su mutui abbinati ad assicurazioni vita; la costituzione semplificata per le società a responsabilità limitata create dagli under 35. Subito in vigore anche una parte del pacchetto sui servizi pubblici locali, a partire dal passaggio da 900mila a 200mila euro della soglia per l’affidamento dei servizi a società pubbliche.

Proprio in materia di servizi pubblici locali è intervenuto il Segretario generale dell’Anci, Angelo Rughetti auspicando che le liberalizzazioni devono essere uno strumento per migliorare qualità servizi non bandiera ideologica.
I cittadini, ha affermato Rughetti in una intervista al quotidiano ItaliaOggi, hanno il diritto di poter accedere ai beni pubblici in modo semplificato e a costi congrui: questo è il fine di ogni politica relativa alla produzione e alla distribuzione di beni e servizi pubblici. Spesso si dice, a volte a ragione, che nel nostro paese questo non accade in molti settori : sui servizi pubblici locali siamo in una fase diversa. Le 4mila aziende partecipate da almeno un comune svolgono funzioni diverse e sono molto differenti le une dalle altre.

Non sarebbe corretto in questa materia ipotizzare liberalizzazioni tout court senza chiedersi come stanno oggi effettivamente le cose, soprattutto se il reale obiettivo è la crescita, cioè investimenti e occupazione. L’Italia ha dei fiori all’occhiello che non hanno nulla da invidiare ad aziende private e pubbliche europee e abbiamo invece situazioni di forte inefficienza. Abbiamo settori e territori dove il mercato potrebbe essere interessato e utile a migliorare il servizio e abbassare le tariffe e abbiamo però settori e territori nei quali solo il comune (con le proprie risorse) è in grado di sostenere quel servizio universale (si pensi al sociale). Non a caso delle 4 mila società comunali oltre il 70% operano nei territori dei comuni con meno di 5mila abitanti. E’ questo il segnale che queste parti del paese rischiano di essere emarginate perché gli imprenditori non le ritengono appetibili o non portano utili.

Questi cittadini rischierebbero di essere tagliati fuori dalla raccolta differenziata, dal servizio scuolabus, dalla distribuzione del gas, dai servizi culturali e sportivi e così via se non ci fossero interventi comunque sostenuti dal pubblico. Abbiamo altre zone del Paese dove il processo di erogazione dei servizi è stato affrontato soprattutto e giustamente dal lato industriale e dove si è dato vita a fusioni societarie con l’obiettivo di rendere strutturalmente forti i soggetti erogatori, ampliare i mercati e lavorare alla qualità dell’innovazione. Questo per dire che non è corretto parlare in generalis di liberalizzazioni ma è corretto invece migliorare un sistema attraverso degli interventi mirati. Fare in modo che su tutto il territorio nazionale vi sia una qualità del servizio all’altezza intervenendo solo dove questo non accade.

Trovare una soluzione anche per quei territori dove il mercato non ha interesse a intervenire (evitando di caricare addosso ai comuni delle prove diaboliche non compatibili con le loro missioni e la loro organizzazione) e non demonizzare in questi casi gli affidamenti in house. Lasciare autonomia agli enti e fare una seria politica industriale che indichi obiettivi chiari sui quali invitare le istituzioni a fare squadra: rafforzare il mercato vuol dire anche puntare alla costituzione di «campioni» in grado di competere (la Germania ha scelto l’acqua, la Francia il Gas). Dividere la proprietà e la gestione delle reti dalla erogazione dei beni e dei servizi. Questi come altri correttivi possono essere adottati senza stravolgimenti.