Previsioni di popolazione delle regioni italiane al 2065

altAl 2065 il nostro paese conterà una popolazione di 61.305.217 abitanti, con una crescita rispetto al 2011 dell’1,12 per cento. La regione più popolosa resterà la Lombardia, con quasi 11.5 milioni di abitanti, ovvero il 19 per cento dell’intera popolazione nazionale. Seguirà a distanza il Lazio, con 6.3 milioni di cittadini, che diventerà la seconda regione più popolosa d’Italia, con una crescita nel periodo 2011-2065 dell’11.3 per cento, rispetto al 15 per cento della Lombardia.

Subito staccate il Veneto e l’Emilia Romagna, con rispettivamente 5.7 e 5.6 milioni di abitanti. Troviamo poi quattro regioni con una popolazione superiore ai 4 milioni di abitanti, nell’ordine Campania, Piemonte, Sicilia e Toscana: molto distante la Puglia con poco più di 3 milioni di abitanti. Le restanti regioni non superano i 2 milioni di abitanti.

È interessante notare come il Nord e il Centro del Paese comunque incrementerà la propria popolazione, grazie soprattutto ai flussi migratori in entrata, mentre il Mezzogiorno perderà popolazione non avendo vissuto un fenomeno così determinante per la struttura della popolazione. Il Mezzogiorno registrerà infatti un calo di popolazione pari al 20 per cento, rispetto ad una crescita del 10.9 nel Nord e 12.1 nel Centro. La regione che perderà maggiormente popolazione sarà la Basilicata, che passerà da 587mila abitanti del 2011 a 397mila nel 2065, con un calo del 32.7%. A vedere invece la maggior crescita percentuale sarà la Provincia autonoma di Trento (+27 per cento, da 529 a 673mila abitanti) seguita dall’Emilia Romagna (+25 per cento).

Al Nord, sono di particolare interesse la situazione della Valle d’Aosta e della Liguria. Entrambe queste regioni infatti registreranno un calo della popolazione in controtendenza con il resto del settentrione. In Valle d’Aosta le ragioni sono da ricercare nei piccoli flussi migratori che caratterizzano la Regione autonoma, nella Liguria invece dalla struttura della popolazione, che non permetterà un ricambio generazionale sufficiente a non perdere popolazione.

Le previsioni sono aggiornate periodicamente rivedendo o riformulando le ipotesi evolutive sottostanti la fecondità, la sopravvivenza e la migratorietà. Bisogna ricordare che i dati di lungo termine vanno trattati con estrema cautela. Le previsioni demografiche divengono infatti tanto più incerte quanto più ci si allontana dalla base di partenza, in particolar modo nelle piccole realtà geografiche.
Tali previsioni si rifanno alle scenario definito “centrale”, ovvero quello più verosimile, che mantiene la situazione attuale e la proietta in avanti senza particolari shock nelle componenti demografiche.