Conferenza finale Prism, proposte per una strategia comune contro l’odio sul web

Strategie e politiche di intervento per contrastare i discorsi d’odio in rete attraverso il coinvolgimento degli attori locali è stato il focus theme della Conferenza finale del progetto Prism che si è svolta il 14 maggio, a Pozzallo, nell’ambito del Festival di Sabir. Nel corso dell’incontro, i partner italiani ed europei hanno fatto il punto sulle attività realizzate nell’ambito del progetto che ha visto l’organizzazione di seminari formativi rivolti a giornalisti, educatori e insegnanti, la realizzazione di una campagna di comunicazione per sensibilizzare i più giovani sul tema dell’hate speech e la redazione di una ricerca nell’ambito della quale sono state raccolte 148 interviste a esperti, professionisti e giovani di origine straniera potenziali vittime.

Durante i lavori è stato presentato anche un position paper che riassume le proposte dei dodici partner di progetto appartenenti a cinque paesi europei (Italia, Romania, Francia, Inghilterra e Spagna) per una policy comune di contrasto ai discorsi d’odio in rete.

Criticità
Spesso i discorsi d’odio sul web non trovano concrete misure di contrasto da parte soprattutto dei provider generando per lo più un atteggiamento di laissez-fair sul tema che si intreccia con il labile confine del diritto alla libertà di espressione.

A ciò è da aggiungere il fatto che molto spesso le vittime di hate speech tendono a non denunciare alle autorità competenti, sia perché in molti casi non c’è la consapevolezza che si è vittime di un reato sia perché, come molti giovani hanno dichiarato, i grandi provider e le piattaforme dei social network non prendono misure efficaci per bloccare i commenti d’odio in rete. Una situazione confermata anche da un esperimento condotto dall’associazione Carta di Roma che ha segnalato a Facebook cento commenti di incitamento all’odio e alla violenza. Il risultato è che 91 di questi sono stati considerati “non conformi” mentre solo nove commenti sono stati rimossi. Manca anche una legislazione comune a livello europeo che dia una definizione condivisa di hate speech a cui è da aggiungersi il fatto che spesso i protocolli e le Convenzioni internazionali sul tema (come la Convezione del Consiglio d’Europa sul cyber crime) non vengono applicati allo stesso modo tra gli Stati membri.

Proposte
Allora quali sono le soluzioni da adottare per una strategia comune di lotta all’hate speech per un uso consapevole del web? Nel corso del convegno finale del progetto Prism, di cui Cittalia (Fondazione Anci ricerche) è partner, sono state presentate alcune proposte che vanno nella direzione di un maggior coinvolgimento dei cittadini creando dei canali di dialogo e comunicazione tra i diversi attori locali. In particolare, è emerso che la lotta all’hate speech deve rientrare in una più ampia strategia di contrasto alla discriminazione e agli stereotipi puntando sulla formazione, sull’educazione e sulla sensibilizzazione dei cittadini. In particolare, una delle debolezze dei percorsi di formazione è che, nella maggior parte dei casi, sono rivolti principalmente “agli addetti ai lavori”, alle forze dell’ordine, ad avvocati con uno scarso coinvolgimento della cittadinanza e degli operatori della comunicazione.

In particolare sono i più giovani a dover essere coinvolti soprattutto attraverso l’ideazione e la realizzazione di campagne pubbliche di comunicazione e sensibilizzazione sul tema sviluppando una contro-narrazione (counter speech) per smontare luoghi comuni e pregiudizi. A una maggiore sensibilizzazione e bisogno di formazione corrisponde anche una maggiore responsabilità da parte delle grandi piattaforme dei social network, come Twitter e Facebook, che devono garantire adeguate misure di intervento alle segnalazioni che vengono dagli utenti. Non da ultima, è la proposta di riservare risorse economiche ad hoc per realizzare interventi e azioni volte all’inclusione e all’integrazione sociale e favorire lo scambio di buone prassi realizzate nei diversi paesi europei.

L’impegno a livello locale, nazionale ed europeo
«Abbiamo una responsabilità nei toni e nel linguaggio che usiamo», ha rimarcato il sindaco di Pozzallo Luigi Ammatuna che, intervenuto alla conferenza finale di Prism, ha sottolineato il ruolo dei Comuni nel contrasto all’odio e all’intolleranza per città aperte e accoglienti. «Perché non solo le parole – ha proseguito il primo cittadino – ma anche i comportamenti sono importanti».

L’Italia su questo fronte sta facendo passi in avanti, sia a livello locale che a livello nazionale, come sottolineato dal deputato Paolo Beni relatore del disegno di legge sul cyberbullismo, che ha proposto di estendere il reato di discriminazione razziale anche all’incitamento all’odio in rete e di istituire un fondo nazionale dedicato. A illustrare l’impegno delle istituzioni europee è stata invece Cécile Kyenge membro della Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni (Libe), che ha annunciato la nascita di un intergruppo europeo composto da alte figure di esperti che lavorerà sul contrasto ai crimini di odio garantendo un concreto supporto alle vittime.

Angela Gallo
Twitter: @AngelaGallo1

Pubblicato su IlSole24ore

 

Intervista a Christel Mercadé, policy Officer Unit C1, Fundamental Rights and Rights of the Child Directorate-General for Justice and Consumers European Commission

Quale è la posizione della Commissione europea sull’hate speech?

EUCommissionLa Commissione europea condanna tutte le forme di razzismo e xenofobia, compreso l’hate speech, in quanto incompatibili con i valori su cui si fonda l’Unione Europea. Certamente l’hate speech è una forma di razzismo e xenofobia che non può nascondersi dietro il diritto fondamentale della libertà di espressione, ma piuttosto rappresenta una forma di espressione che diffonde, incita, promuove o giustifica l’odio o la violenza, fenomeni che nascono dall’intolleranza. E’ la stessa posizione della Corte europea dei diritti dell’uomo ed è la definizione di hate speech introdotta nella legislazione europea, che obbliga tutti gli Stati membri a considerare reato e perseguire l’hate speech, come forma di istigazione pubblica alla violenza o all’odio.
In questo contesto, i social media rappresentano certamente grandi opportunità per promuovere la libertà di espressione e dar voce alla pubblica opinione, ma allo stesso tempo offrono spazio per la diffusione dell’odio, del razzismo e della xenofobia. La Commissione Europea, i rappresentanti di Stati, la società civile o i cittadini europei devono lavorare insieme per contrastare sempre in modo più efficace questo fenomeno.

Che cosa ha fatto la Commissione e cosa farà su questo fronte?

La Commissione ha posto come priorità la prevenzione e il perseguimento come reato dell’hate speech. E così è stato per la legislazione che si è data l’Unione eurpea: è reato l’istigazione all’odio sulla base di razza, colore della pelle, religione, nazionalità o origine etnica. La Commissione sta monitorando l’attuazione puntuale di questa normativa a livello nazionale per garantire che tutti gli Stati membri odottino almeno questo stesso livello di protezione.
Lo scorso ottobre, la Commissione ha organizzato il suo Primo Colloquio Annuale sui Diritti Fondamentali su: “Tolleranza e rispetto: prevenzione e lotta contro l’odio antisemita e anti-musulmano in Europa”, che si è concentrato, tra gli altri temi, proprio su come contrastare il fenomeno, soprattutto nel web: è importanza la collaborazione con le aziende dell’information technology e con i media.
La Commissione ha messo a punto un Dialogo UE sull’hate speech on-line con i principali social media, nonché con gli Stati membri e i principali attori della società civile per poter reagire prontamente e rimuovere l’hate speech dalla rete internet e per favorire lo sviluppo di contro-narrazioni da parte della società civile.
La Commissione sta anche lavorando sulla prevenzione, avendo principalmente come destinatari i giovani, promuovendo una corretta alfabetizzazione informatica relativa ai social media, accompagnata dallo sviluppo dell’analisi critica e consapevole di ciò che viene diffuso in rete.
Nel 2015, la Commissione ha finanziato progetti per 3,85 milioni per il monitoraggio e per i sistemi di segnalazione di hate speech.

 

Quali sono le strategie e le politiche che la Commissione sostiene a livello locale, nazionale e internazionale?

Intensificare le azioni per prevenire e lotta all’hate speech dovrebbe essere una priorità per tutti i livelli di governance. Così come combattere il razzismo e la xenofobia, sia con la prevenzione (istruzione e azioni di sensibilizzazione), sia con l’effettivo accertamento e le azioni conseguenti a livello nazionale e locale. E’ essenziale sostenere le autorità e, con risorse economiche, le organizzazioni della società civile nazionale e i movimenti dal basso.
E’ il caso del progetto PRISM, che è stato finanziato dalla Commissione Europea nel quadro del Justice Programme 2013, e che contempla entrambe le attività di sensibilizzazione e promozione della tolleranza, con strumenti concreti per migliorare il monitoraggio e le azioni giudiziarie contro l’hate speech on-line.
La Commissione europea sta anche cooperando attivamente con altre organizzazioni internazionali come il Consiglio d’Europa , la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI) e l’Ufficio dell’OSCE per le istituzioni democratiche e i diritti dell’uomo (ODIHR), nonché l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali.

Qual è l’agenda della Commissione per i prossimi anni per combattere il fenomeno?

La Commissione continuerà a combattere il razzismo, la xenofobia e l’estremismo attraverso misure giuridiche e di policy, anche con finanziamenti a questo destinati. Monitorerà e garantirà il corretto recepimento e attuazione in tutti gli Stati membri della legislazione UE che considera reato l’hate speech, avviando, se necessario, le procedura di infrazione.
La Commissione avvierà a giugno prossimo, il nuovo Gruppo ad alto livello UE per la lotta contro il razzismo, la xenofobia e altre forme di intolleranza, che prevede la partecipazione delle autorità internazionali e nazionali, nonché le principali organizzazioni della società civile. E’ un’altra importante sede per discutere le questioni comuni alla lotta contro l’hate speech.
Nel 2015 la Commissione ha stanziato 5,4 milioni per finanziare progetti da realizzare nel 2016 rivolti, tra le altre attività, alla formazione e alla capacità di rafforzare la risposta giudiziaria all’hate speech e al reato di odio e il sostegno alle vittime.

Giuseppe M. Galeone
Twitter: @GiusGaleone