Genius Open, a Siracusa l’open innovation promuove riqualificazione urbana e coesione sociale
Basta imboccare la pista ciclabile con una delle bici di Go Bike per rimanere colpiti dal divario di bellezza esistente tra i due lati della strada: sulla destra il mare e uno scenario paesaggistico tra i più belli del Mediterraneo, sulla sinistra palazzoni simbolo delle dissennate politiche di gestione del territorio del passato, capaci di creare veri e propri ghetti a pochi chilometri in linea d’aria da bellezze archeologiche e dall’isola di Ortigia. Recuperare la grande bellezza di un quartiere come la Mazzarrona, capace di giocare con le sue energie umane un ruolo nel rilancio dell’intera città di Siracusa, è la sfida che Genius Open si pone in città attraverso la collaborazione tra amministrazione locale, associazioni del territorio ed esponenti della società civile.
Il modello di riferimento è quell’open innovation lanciato da York, che favorisce la collaborazione dei cittadini attorno a sfide e domande-chiave sul futuro della città. La stratificazione sociale di un quartiere difficile come la Mazzarrona, caratterizzato da anni di incuria ma anche dall’azione profonda svolta da attivisti e associazioni presenti sul territorio, carica di senso un’azione che Siracusa intende declinare non solo in modo tecnologico ma soprattutto in senso strategico.
Se già da tempo Siracusa è impegnata nella promozione di iniziative di innovazione tecnologica e sociale (come il progetto Smart City del CNR o quello realizzato in collaborazione con IBM), con Genius Open la città mette il coinvolgimento attivo dei cittadini al centro di un’opera di recupero spaziale particolarmente significativa.
Da valorizzazione senso di comunità riparte rilancio turistico e culturale del quartiere a partire da persone #geniusopen@geniussiracusa
Ciclofficina al lavoro per riparare bici che 11/10 saranno utilizzate dai bambini per tour Mazzarrona @geniussiracusa#geniusopen
— Urbact_IT (@Urbact_IT) 4 Ottobre 2014
Realizzato in un’area caratterizzata da forte presenza di edilizia popolare, alti tassi di disoccupazione e elevata mortalità infantile, la Mazzarrona rappresenta un laboratorio in cui sperimentare soluzioni a partire dai bisogni dei suoi residenti. Un quartiere complesso in cui convivono, non senza problematicità, persone di ceti sociali diversi che hanno perso la fiducia nei confronti dell’impatto che le politiche pubbliche possono avere sul territorio.
Ripartire dai bambini, coinvolgendoli in un bike tour sulla posta ciclabile posta nel quartiere ma resa inaccessibile dall’assenza di arterie di collegamento, rappresenta una scelta che punta al futuro e che punta anche solo sulle piccole cose per rilanciare una periferia abbandonata per anni.
Del suo rapporto con il resto della città ce ne parla Pamela La Mesa, presidente della circoscrizione Grotta Santa.
Quali sono gli elementi che caratterizzano il quartiere della Mazzarrona?
Il quartiere della Mazzarona fa parte della circoscrizione Grottasanta ed è quella parte in cui sono più evidenti e marcati i fenomeni tipici delle periferie nate attraverso il boom edilizio degli anni Sessanta e Settanta senza un’idea urbanistica che metta al centro del proprio progetto la persona ed i suoi bisogni. Mancanza di servizi, centri di aggregazione e finanché di attività commerciali hanno sempre più caratterizzato il quartiere come un quartiere dormitorio. Il quadro strutturale si completa se a questa impostazione urbanistica si aggiunge il degrado crescente degli immobili di edilizia economica e popolare per la mancanza dei più basilari ed indispensabili interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria oramai completamente assenti da decenni. Parimenti all’aggravarsi di questa situazione è andata crescendo la sfiducia di larga parte della popolazione residente, con particolare riferimento alle fasce sociali più deboli, che ha sempre creduto meno nelle istituzioni locali ed hanno visto nel confine del proprio territorio il confine tra due realtà diverse dove esistono figure, ordinamenti e regole diversi e forse pure contrapposti.
In che modo i residenti stanno reagendo a questi primi tentativi di partecipazione civica? Come si stanno intercettando i loro bisogni?
Come presidente del quartiere ho rivolto la mia attenzione alle fasce sociali più deboli, perché più carenti dei più elementari servizi che una collettività deve rendere a chi ne ha maggiormente bisogno ma anche perché colpite da questo senso di sfiducia che di contro nascondeva o non rendeva palese un grande bisogno di interlocuzione e di partecipazione attiva.
Attraverso il mio ruolo e la mia figura femminile ho intrapreso un percorso di ascolto, presenza e forte collaborazione nel territorio, sentendo crescere pian piano la loro fiducia e sopratutto il loro rispetto, per cui quando mi è stata chiesta la partecipazione alle attività di GeniusOpen vi ho subito creduto e ho riversato tutte le mie forze a collaborarvi per dare una risposta concreta a questo bisogno di ascolto e partecipazione attiva dei residenti della Mazzarona.
Cosa sta spingendo le persone a partecipare?
Intravedono per la prima volta la possibilità di veder ascoltati i loro bisogni , i loro desideri le loro necessità e quelli dei loro figli. Ciò ha fatto si che intervenissero agli incontri programmati dove con un forte dialogo si sono aperti a un confronto e hanno espresso la voglia di riscatto, di iniziare un nuovo cammino dando per primi un segnale di cambiamento fiducia e coinvolgimento ad una possibile realtà nuova. Un bel segnale è partito proprio dai loro figli: i bambini sono stati per primi i protagonisti che hanno reso possibile intraprendere questo percorso; attraverso la partecipazione alle attività ludiche hanno avvicinato le loro famiglie che si sono aperte al dialogo.
Quali sono le aspettative delle persone e come è possibile rompere quel muro di scetticismo, indifferenza e disincanto creato da decenni di incuria?
Le aspettative sono crescenti in funzione della loro partecipazione e si è creato un piccolo varco nel muro della diffidenza, dello scetticismo e della sfiducia. Personalmente sento il carico di questa responsabilità perchè sarebbe gravissimo non dare risposte adeguate alle loro richieste. Ciò significherebbe rafforzare ed innalzare ancora di più quel muro di scetticismo, indifferenza e disincanto creato da decenni di incuria.
Il quartiere è caratterizzato da grandi contraddizioni ma anche da immense potezialità: territorio degradato urbanisticamente in un contesto naturale invidiabile ma un senso di sfiducia dei residenti contrapposto alla voglia di partecipazione e coinvolgimento di tutti, soprattutto dei loro figli che rappresentano il futuro.
Come valorizzare la Grande Bellezza della Mazzarrona, creando nuove opportunità e servizi per i suoi residenti e per il resto della città? E’ questa la sfida lanciata online dal progetto, che invita residenti del quartiere e della città ad esprimersi su come rendere più vivibile e attrattiva la zona. Le indicazioni raccolte nelle prossime cinque settimane saranno poi discusse nel corso del Sinergy Surgery Event che l’8 novembre avrà luogo a Siracusa sul modello di quanto realizzato a York con la partecipazione di stakeholder locali, attivisti, amministratori pubblici e tutti coloro itnendono offrire il proprio contributo di idee al miglioramento del quartiere.
La sfida è lanciata! Adesso iscrivetevi e partecipate al progetto http://t.co/vnBKgEE7JW @Comune_Siracusa @Urbact_IT pic.twitter.com/0fFXurGeXQ
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@Eddyca1 @rafbarb @AngelaGallo1 have a look where we are today! #greatbeauty @GeniusOpen @HubSiracusa #geniusopen pic.twitter.com/gdzOv3GPFD
— Urbact_IT (@Urbact_IT) 4 Ottobre 2014
In una città famosa per le sue bellezze artistiche e la sua storia, il coinvolgimento dei cittadini viene messo al centro di una strategia che punta a riemergere dal degrado attraverso la partecipazione diretta e il dialogo tra cittadini e amministrazione comunale, come sottolinea l’assessore alle politiche scolastiche Valeria Troia.
Perché l’amministrazione comunale ha scelto di puntare proprio sul quartiere della Mazzarrona per replicare il modello di York?
Abbiamo scelto la Mazzarrona perché già dall’insediamento di questa amministrazione abbiamo puntato sul rilancio di questo quartiere ad alta marginalità. Essendo un’amministrazione di centrosinistra non vogliamo intervenire semplicemente calando interventi dall’alto ma potenziando le forme di ascolto e coinvolgimento dei residenti. Lo stiamo facendo utilizzando la metodologia innovativa dell’open innovation capace di attivare un progetto consultivo con la cittadinanza, partendo dalle donne e dai bambini, proprio per cercare di capire attraverso di loro quelli che potrebbero essere i potenziali interventi da realizzare sul territorio. Stiamo agendo su un quartiere periferico riattivando un dialogo positivo con i residenti, che ci danno costantemente spunti sui loro bisogni ma stiamo al contempo coinvolgendo persone dotate di competenze specifiche che contribuiscono a direzionare le visioni e gli elementi che emergono dal dialogo con i residenti.
In che modo i modelli partecipativi stanno riuscendo a cambiare il modo in cui i residenti si relazionano alla politica, soprattutto in un quartiere difficile?
La partecipazione è sicuramente un processo molto lento. Le prime iniziative in Italia partono negli anni ’70 ma è nell’attuale periodo storico che si riscontra una notevole attenzione verso tali processi perché c’è voglia di abbattere il muro esistente tra cittadinanza e politica. L’Idea è quella di trasformare questa relazione in un’azione capace di mettere la cittadinanza in condizioni di dire la propria, inserendo i residenti in processi di decisione inclusiva per rispondere al meglio ai bisogni della cittadinanza. Un intervento calato dall’alto viene visto come prettamente politico mentre se è condiviso dai residenti si riesce a riconquistare la fiducia in zone come queste dove la politica non deve più recarsi solo se ci sono elezioni ma deve essere pronta a costruire un rapporto di fiducia costante, che riesca a rilanciare territorio insieme alla cittadinanza.
In cosa si differenzia questo progetto e il suo metodo dalle altre iniziative sull’innovazione tecnologica e sociale che state adottando a Siracusa?
Il metodo si differenzia perché utilizza la tecnologia per consentire a tutta la città di partecipare ad una consultazione che nel quartiere è stata fatta direttamente dialogando con gli abitanti. La sfida che abbiamo lanciato in questi giorni e che stiamo cercando di diffondere in tutta la città punta a far emergere bisogni e idee per rilanciare il quartiere. Evitare la ghettizzazione attraverso l’uso delle tecnologie porta tutta la cittadinanza a interloquire con quel quartiere e i suoi residenti.
Il bike tour dell’11 ottobre servirà anche a riscoprire in maniera partecipata le bellezze nascoste della zona e a focalizzarsi sui temi al centro della sfida: il riavvicinamento della città al mare, la creazione di servizi e il rinvigorimento culturale dell’area. Portare l’arte contemporanea lungo la pista ciclabile è uno dei progetti dell’amministrazione culturale ma creare innovazione diffusa attraverso la collaborazione tra stakeholder molto differenti tra loro, come gli innovatori di The Hub, la parrocchia del quartiere o gli appassionati delle due ruote di Aretusa Bike, rappresenta un impegno ben più ampio della somma delle singole forze in campo.
Parrocchie, ordine architetti, Fai, Italia Nostra tra i soggetti presenti nel Local support group #geniusopen @geniussiracusa
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Una sfida recepita anche da architetti e urbanisti del territorio, chiamati ad applicare in città principi già regolarmente adottati da altri contesti urbani nel mondo ma particolarmente significativi se declinati in realtà socialmente complesse e stratificate come Siracusa. Per Lilia Cannarella, presidente dell’Ordine degli architetti, solo la collaborazione tra saperi diversi può assicurare un vero rilancio urbano a partire da Genius Open e dal metodo Urbact.
Perché il quartiere della Mazzarrona rappresenta una sfida per architetti e urbanisti del territorio?
Perché è un quartiere caratterizzato dalla forte presenza di edilizia popolare inserito in un’area di grande bellezza paesaggistica posta a ridosso delle mura dionigiane di epoca greca, che dal castello Eurialo cingevano tutto il castello di Siracusa. Un contesto paesaggistico unico, con una roccia a picco sul mare dove insiste anche una macchia mediterranea tipica, ma caratterizzata da un largo insediamento di edilizia popolare, privo di servizi e di quelle attività che sono indispensabili per poter vivere una vita vivibile rispetto al centro storico che presenta una molteplicità di funzioni. La sfida è riconnettere il quartiere al centro storico, superando quella barriera costituita dalla cintura ferroviaria ora dismessa che correva lungo tutta la zona costiera ma che ha costituito una sorta di argine allo sviluppo della città. Siracusa è una città di mare dove però spesso il mare non è fruito proprio per difficoltà geomorfologica come nel caso della Mazzarrona. La sfida è quella di riappropriarsi di questi spazi, farli rivivere, riconnettere il tessuto sociale dal punto di vista della vivibilità degli spazi.
In che modo agire su aree del genere può fare da traino alla rigenerazione del resto della città?
Agire su aree del genere significa intervenire su più livelli e in maniera integrata, non agendo semplicemente sulla singola unità edilizia ma nell’intero contesto ambientale, in un pezzo di tessuto di territorio da riconnettere. Significa rigenerare la città a partire da un progetto pilota che interviene dal paesaggio all’ambiente. Lavorare in quella zona diventa esemplificativo anche per altri pezzi di città poiché quello che si realizza lì si può esportare in altri tessuti urbani più edificati e con caratteristiche morfologiche diverse. Significa sperimentare un nuovo modello in cui riqualificare edifici, paesaggio e territorio e si integrano diverse competenze. L’architetto non può più lavorare da solo ma deve collaborare con l’ antropologo, l’economista o altre professionalità dotate di un background diverso.
Quanto è ancora importante co-progettare con le persone? Da dove (ri)partire?
Bisogna in questo caso ripartire dai bisogni primari della gente, in particolare dal bisogno di servizi ma anche da quello di connessioni internet che rimettano il quartiere in comunicazione con il resto del mondo. Agire solo sul patrimonio edilizio non basta più: bisogna riscrivere le priorità della vita di un quartiere. Le pratiche di confronto con le persone sono state sperimentate già dagli anni ’80 ma sono state messe da parte in favore di un approccio più tecnicistico. Oggi bisogna recuperare un approccio più umanistico, ritornando alle origini del fare architettura, incontrando i residenti del quartiere e gli amministratori pubblici.
Simone d’Antonio
@Simonedantonio
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