Città, salute e povertà

Ieri ed oggi i ministri della Salute di 35 nazioni ed i migliori esperti mondiali in campo sanitario sono riuniti a Venezia per un vertice promosso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), in collaborazione con il Governo italiano.
La finalità dell’ evento è quella di individuare le politiche necessarie per assicurare che i fondi investiti nella lotta a specifiche patologie consentano anche di migliorare la qualità dei sistemi sanitari nel loro insieme e per produrre una dichiarazione comune sulle sinergie tra sistemi sanitari ed iniziative di salute globale.

I Paesi sviluppati possiedono sistemi sanitari e infrastrutture più forti e secondo i dati dell’Osm/Unicef sono 45 quelli considerati come priorità poiché hanno sistemi sanitari deboli e coperture cronicamente basse.
Se prendiamo ad esempio le maggiori città del Kenya vediamo come queste soffrano gravi problemi dal punto di vista economico, sanitario, politico e sociale. Oltre il 60% dei 30 milioni di abitanti vive, infatti, al di sotto della soglia di povertà mentre l’incidenza della povertà assoluta è generalmente più alta nelle aree rurali. I poveri che vivono nelle maggiori città abitano in alcuni degli slum più densamente popolati dell’Africa e molti di questi agglomerati informali sono collocati in aree pericolose ed inquinate, che includono discariche di rifiuti, acquitrini infestati da zanzare e sono soggetti ad inondazioni e tempeste di polvere.

Nei Paesi in via di sviluppo il ritmo di urbanizzazione è crescente: le città sono sovraffollate, perché devono assorbire un notevole incremento demografico naturale ed un importante afflusso di immigrati. Uno dei problemi principali è che, alla crescita rapida della popolazione non si accompagna un adeguato sviluppo economico e dei servizi.
La produzione agricola, ad esempio, non è sufficiente per nutrire tutta la popolazione delle città, l’industria e il terziario non sono abbastanza sviluppati da offrire lavoro a tutta la cittadinanza.
Il progressivo numero di abitanti rende spesso drammatica la mancanza di alloggi e costringe le famiglie più povere a vivere nelle zone periferiche, prive di servizi pubblici essenziali come elettricità, acqua potabile, fognature, raccolta dei rifiuti.
È per questo motivo che le città dei Paesi in via di sviluppo sono caratterizzate da un forte contrasto fra quartieri ricchi e quartieri poveri. Spesso vi trovano spazio fianco a fianco, un modello urbano locale e tradizionale insieme ad un modello europeo introdotto durante il dominio coloniale o volontariamente preso a modello.

Nell’Africa settentrionale, a nord del Sahara, le città hanno origini molto antiche: alcune situate lungo la costa risalgono al periodo della dominazione romana, altre furono fondate dagli arabi fra l’VIII ed il XIII secolo (quest’ultime sono caratterizzate da una netta separazione tra la parte vecchia e la parte nuova). La parte vecchia è contrassegnata da un intreccio di vicoli che confluiscono nel suk (il mercato) e dalla presenza di moschee e di minareti. La città nuova è invece formata da quartieri moderni edificati sul modello di quelli europei, con ampie strade ed edifici di molti piani. Nell’Africa a sud del Sahara, prima dell’epoca coloniale, le grandi città erano pochissime. A partire dal XIX secolo ne furono invece costruite diverse dagli europei ed altre ancora furono fondate nelle aree minerarie per facilitare lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo.
Oggi in molte città vi sono case popolari ubicate fuori dal territorio metropolitano e le persone che lavorano debbono ogni giorno spostarsi per raggiungere la propria occupazione. Se prendiamo poi l’esempio delle città latinoamericane vediamo come diventi impossibile (vista la mancanza di servizi di collegamento) per i cittadini residenti nelle aree cosiddette periferiche, raggiungere il centro città e spesso i palazzoni di edilizia popolare finiscono per restare disabitati diventando strutture fatiscenti.

I dati dell’ultimo Rapporto della rete Onu-Habitat, il programma per gli insediamenti umani delle Nazioni Unite, rileva come il 30% della popolazione del Centro e del Sud America viva in alloggi di fortuna, senza acqua potabile, né luce, né gas (circa 134 milioni di persone, 7 milioni in più rispetto al 2001).
Il binomio povertà malattia si ripropone all’attenzione del mondo cercando risposte efficaci ad un problema che appartiene a tutti e richiede sforzi, sinergie ed iniziative condivise a livello globale.

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