Lavoro e Urbact, Cesena punta su JobTown, giovani e startup per creare nuova occupazione

In un momento in cui si moltiplicano iniziative e provvedimenti nazionali ed europee in favore dell’occupazione giovanile, dalla Garanzia Giovani al Jobs Act, le città sono chiamate sempre più a contrastare direttamente le conseguenze che la mancanza di lavoro presenta sul proprio territorio. Non si tratta solo di aumento di servizi di welfare o effetti sull’economia locale ma più in generale la mancanza di fiducia di un’intera generazione verso i propri contesti urbani rischia di diventare sul medio e lungo periodo un problema ben più grave del riassetto della competenze amministrative sul tema. IMG 00001467Cesena e le altre città partner del network Urbact JobTown stanno puntando fortemente sul sostegno all’auto-imprenditoria giovanile per creare nuovi posti di lavoro mettendosi in gioco direttamente ma con un solido sostegno da parte delle amministrazioni locali. Incubatori di impresa, concorsi di idee, azioni di accompagnamento, consulenza e mentoring sono alcuni degli ingredienti di piani ambiziosi che nel caso di Cesena si coniugano alle vocazioni storiche del territorio. Diecimila imprese su centomila abitanti significa che un cesenate su dieci è un imprenditore: non più quindi solo categoria protetta ma parte integrante dell’economia e del tessuto sociale della città. In una città dove tutti hanno in famiglia o sul pianerottolo di casa qualcuno che ha scelto di fare impresa, il sostegno pubblico al fare impresa può apparire superfluo ma serve invece a fare comunità, a rappresentare plasticamente che non si è soli di fronte al proprio futuro ma si è parte di un contesto urbano che vede nell’innovazione e nella creatività delle chiavi fondamentali per sfondare nel mondo a partire dal proprio territorio.
Non è un caso che proprio da Cesena siano partite grandi gruppi industriali come la Technogym o imprese del settore alimentare come Orogel e Almaverde Bio e soprattutto abbiano scelto di rimanervi. Merito di un contesto urbano funzionale, dove la qualità della vita è alta e nel quale allo stesso tempo le connessioni con i grandi centri italiani ed europei sono forti e costanti.

 

Numerose iniziative dell’amministrazione comunale si sono intrecciate al percorso di JobTown per rafforzare il legame tra giovani e imprese del territorio. Tra queste, Impresa creativa che ha lanciato un bando per giovani creativi con l’obiettivo di valorizzare il patrimonio culturale del territorio attraverso la creatività che diventa impresa. Delle dieci idee finaliste fra le 33 presentate inizialmente, ne sono state poi scelte tre premiate per il migliore business plan con un premio di 5000 euro che servirà ad accompagnarli nella fase di realizzazione dell’idea sviluppata nel corso della Business academy.
L’iniziativa, realizzata in collaborazione con la società partecipata del comune Techne e Aiccon, rappresenta l’ennesimo tassello di una strategia che punta a rafforzare la competitività del contesto urbano attraverso la creazione di nuova impresa, come spiega l’assessore all’innovazione e sviluppo Tommaso Dionigi

Come si inserisce Impresa creativa nella strategie della città in materia di politiche del lavoro?
Il tema di JobTown ha riguardato due momenti distinti ma assolutamente collegati. La prima fase di attuazione del progetto JobTown è coincisa con l’applicazione del Pacchetto Lavoro, che aveva come scopo principale quello di incentivare le assunzioni all’interno del tessuto imprenditoriale della città. In questo è stato inserito il progetto di borse lavoro e dall’altro la stabilizzazione di contratti precedentemente precari. A tali interventi si è accompagnato un focus sulla nuova imprenditoria giovanile ma non solo: più in generale si è trattato di un incentivo per il sistema delle imprese locali che si esprime con progetti come Impresa creativa e le nuove linee di indirizzo che ci siamo dati a partire da giugno 2014 come sistema di incentivo per le nuove imprese.
Ma perché Cesena ha deciso di puntare proprio su questo, nonostante le competenze sul tema del lavoro siano soprattutto in capo alle province?
La considerazione di partenza è stata che ogni nuova impresa che nasce rappresenta un valore per l’intera comunità. Un valore non solo economico ma soprattutto sociale per il territorio in termini di idee e innovazione. La storia di vita di un imprenditore è l’occasione per nuovi posti di lavoro e ha un valore importante sul quale abbiamo deciso di puntare per il rilancio di un territorio in cui la crisi si è fatta sentire più in ritardo rispetto ad altri territori del nostro paese ma in cui ora si sentono piuttosto forti gli effetti. L’amministrazione comunale ha ritenuto imprescindibile investire direttamente sulle politiche del lavoro e a sostegno delle nuove imprese.
Che tipo di ritorno queste azioni stanno avendo non solo in termini di numeri ma soprattutto in fatto di cambiamento di mentalità nei giovani, coinvolgendoli realmente in uno sforzo collettivo teso a farli rimanere su questo territorio?
Il ritorno è probabilmente la cosa più bella e accattivante di questo percorso, pur essendo ancora all’inizio. Abbiamo un importante insediamento universitario che aggrega oltre 5000 studenti che vengono dal bacino romagnolo ma anche da altre regioni. Ci accorgiamo sempre di più che anche coloro che vengono da fuori manifestano la volontà di restare qui al termine del proprio percorso universitario. Tutto ciò perché esperienze come Impresa creativa o CesenaLab indicano che fare impresa è possibile e che sul territorio c’è qualcuno disposto a darti una mano: si crea così una cultura di impresa che incentiva quella voglia di mettersi in gioco che è tipica del nostro territorio.
A partire dalla vostra esperienza, quale elemento potrebbe essere messo al centro di una politica sia nazionale che europea?
Credo che la parte legata all’incubatore di impresa rappresenti un’esperienza replicabile che può fare da base per una rete europea. Abbiamo visto nel corso del progetto JobTown che molte città europee hanno scelto di avviare un’esperienza di questo tipo, tutte con un ritorno positivo, ovvero con molte imprese volenterose di mettersi in gioco a partire da un percorso di incubazione di impresa che gli dia una sede servizi e allo stesso tempo preveda l’affiancamento ad un mentor e ad altre persone che possono accelerare lo sviluppo della fase iniziale di impresa. Questo può sicuramente fare la differenza ed è un tema su cui molto è stato fatto ma molto resta da fare a livello europeo.

L’iniziativa che ha premiato Ciclofficina Rimini Cue Press  e RiUp dimostra quanto l’impatto dell’integrazione fra Urbact e i progetti già attivi sul territorio possa creare valore aggiunto per cambiare completamente il modo in cui si approccia a temi sensibili, come la creazione di nuova occupazione.
La realizzazione del Piano d’azione locale passa infatti attraverso quella pluralità di esperienze che consente a Cesena di fare scuola in Italia e in Europa in termini di supporto al lavoro giovanile sia per la governance multilivello che per il forte coinvolgimento di una pluralità di attori locali.
Tra le altre iniziative attive sul territorio per favorire la realizzazione di nuove imprese figura anche Cesenalab, che sta sostenendo lo sviluppo di idee innovative nel campo del digitale e dei nuovi media a patto che, una volta formate, stabiliscano la propria sede legale in città. Dell’originale modello basato più sul supporto ai ragazzi che alla semplice incubazione di impresa ne parla il coordinatore di Cesenalab Roberto Pasi

IMG 00001475Quante aziende sono nate sul territorio grazie a Cesenalab? Come funziona il vostro sistema di incubazione di impresa?
Sono già sette le aziende costituite che negli ultimi mesi di attività dell’incubatore sono nate qui dentro. Accogliamo sia aziende già strutturate che gruppi di ragazzi, il nostro target principale, che si presentano da noi e ci raccontano la loro idea di business. Mentre fuori c’è il luogo comune dell’idea vincente per noi è molto più importante il tema delle persone, ovvero di ragazzi che abbiano voglia e mentalità per fare l’imprenditore.
Da cosa ve ne accorgete?
Se hanno già creato qualcosa, o hanno intenzione di crearlo, per loro diventa presto la priorità. Questo vuol dire molto perché spesso capitano delle persone che hanno degli hobby bellissimi costruiti come dei veri e propri impegni che però non sono pronti a fare il salto di qualità. La domanda fondamentale che gli facciamo è “se questa attività dovesse funzionare, te ne occuperesti per farlo diventare il tuo lavoro?”.
E che risposta ottenete di solito?
La risposta in genere è positiva ma ci sono anche tante storie a livello italiano, europeo e americano di prodotti molto belli che non sono mai decollati perché dietro mancava l’imprenditore capace di spendersi davvero sul progetto. Di idee interessanti in giro ce ne sono tante ma se il luogo comune dice che basta un’idea vincente noi crediamo invece che ci vogliano anche le persone.
Come si lega questa attenzione alle persone al fatto di essere presenti proprio su questo specifico territorio? In che modo tutto ciò si coniuga alla tradizione di welfare attiva da decenni in questa Regione?
Riceviamo proposte di aderire a Cesenalab anche da altre regioni ma è vero che l’Emilia Romagna ha una storia molto importante di imprenditorialità. Questo territorio è pieno di aziende medio-piccole ma anche di multinazionali famose in tutto il mondo che hanno sede a Cesena. Tra queste ad esempio c’è anche Trevi, che non va tutti i giorni sui giornali ma rappresenta un’eccellenza mondiale nella produzione di tunnel e parcheggi sotterranei. Si tratta di un’impresa nata a Cesena da una persona che sistemava le strade per il Comune per poi inventare una tecnologia utilizzata dappertutto nel mondo. Questo è solo un esempio ma la sapienza di tutte queste aziende è stata quella di applicare tecnologia e valore al lavoro tradizionale, puntando sull’innovazione. È quello che cerchiamo di fare anche noi mantenendo il focus sull’innovazione digitale.
In che modo state provando ad innovare l’economia del territorio proprio a partire dall’alleanza tra le nuove tecnologie e i settori tradizionali dell’economia della città?
La forza del digitale è che si può applicare a tutto. Può essere una strategia di vendita o il cuore del prodotto. Ad esempio i ragazzi di Fitstadium.com, che sono entrati da noi per primi e da poco ne sono usciti per stabilirsi nei loro nuovi uffici con i loro primi tre dipendenti, hanno un social network basato sul fitness: il digitale qui non è solo uno strumento ma anche un veicolo per aggregare persone e al contempo semplificare i processi.
Come è stato vissuto in questo territorio da parte dei giovani l’aumento della disoccupazione? C’è una maggiore capacità di mettersi in gioco rispetto al resto d’Italia ma più in generale come è cambiato il modo di percepire il tema sul territorio?
La mentalità del fare impresa e del rimboccarsi le maniche qui è fortissimo, è una vocazione storica che appartiene alla regione come alla città e per fortuna lo si vede anche nella maggior parte dei giovani. È proprio su questa voglia di costruire qualcosa di proprio che puntiamo ed è nella fase di startup che si vede chi è pronto per fare l’imprenditore e chi no: qui ci sono tanti ragazzi che hanno accettato la scommessa di lavorare per far crescere la propria impresa anche senza guadagnare niente per sei mesi o un anno. Questa è la grossa sfida vissuta da tanti ragazzi che hanno voglia di scommettere su sé stessi per diventare imprenditori nel futuro. Da parte nostra cerchiamo sin dall’inizio di fare selezione e rispetto ad altri incubatori facciamo una scrematura a monte per non vendere false illusioni a nessuno.
Incubatori di impresa ce ne sono dappertutto in Italia e in Europa ma qual è il passo successivo per legarsi ancora di più alla città?
L’importante è costruire una rete. Nascendo qui queste imprese hanno il commercialista, il notaio e i fornitori sul territorio, innescandosi su un tessuto urbano e cittadino in maniera non asettico e diventando parte di una rete stabilmente basata nel contesto economico locale. A quel punto è molto più probabile che vogliano continuare a crescere in una città che presenta una forte rete di sostegno all’impresa.

Tra le startup più originali avviate in questi mesi figura Edo, che ha lanciato da pochi giorni la sua app sull’Apple Store e si prepara a sbarcare nei prossimi mesi sul Google Play Store.
Luciano Venezia, uno dei creatori di Edo, ci spiega come funziona e come si è sviluppato il rapporto con Cesenalab e con la città.

Qual è l’idea che avete sviluppato con Edo?
E’ un’app che consentirà ai consumatori di sapere esattamente quello che stanno mangiando grazie ad un gesto semplicissimo, ovvero scansionando con lo smartphone il codice a barre presente su tutte i prodotti alimentari. Si avrà accesso così ad una serie di informazioni relative al prodotto, in particolare ad un indice numerico che rappresenta quanto è sano quel prodotto. Saranno menzionate inoltre una serie di caratteristiche e curiosità legate al prodotto che motivano il punteggio che indica quanto è sano da 1 a 10. Proponiamo inoltre prodotti alternativi simili a quelli analizzati, cercando così di guidare il consumatore verso una scelta più salutare e consapevole.

Che prospettive future può avere questa app?
Puntiamo anche in un futuro di coprire i cibi freschi, visto che parecchie startup stanno sviluppando dei sensori miniaturizzati che consentono di capire la composizione dell’alimento e grazie a quello sarà possibile replicare il nostro algoritmo a partire da quei dati. Questo consente anche di fare del tracking della dieta, tenendo traccia di ciò che si mangia e suggerire delle diete, in collaborazione con dei nutrizionisti. L’ambito resta quello alimentare, a partire dall’industriale ma possibilmente si può evolvere in qualunque direzione.
Questa idea da cosa nasce?
Abbiamo una storia particolare perché eravamo tre informatici appena laureati che al termine degli studi si chiedevano cosa fare. Tramite l’università siamo venuti a conoscenza del Cesenalab che stava aprendo e abbiamo iniziato a ragionare su un’idea. Veniamo tutti da diverse parti d’Italia, da Fano ad Avellino come me.
Perché avete scelto di fare impresa qui e non ad Avellino?
Fondamentalmente perché qui c’è il Cesenalab, che dal giorno dopo che ci siamo laureati ci ha accompagnati alla realizzazione di una nostra idea. Penso che a 26 anni il diritto di investire su noi stessi ci deve essere. Se non l’avessimo fatto adesso non l’avremmo fatto mai più perché inizi ad avere un lavoro normale ed è difficile che lo lasci per realizzare un’idea tua. Abbiamo deciso di provarci con un’idea basata sul settore dell’alimentare ma senza dettagli precisi. Ci siamo presentati qui come un team di tre persone e insieme allo staff e al Comitato scientifico abbiamo formato assieme l’idea.
Secondo te quali sono gli elementi che dovrebbero favorire la replicabilità di esperienze simili nel resto d’Italia e nello specifico di quale supporto c’è realmente bisogno per fare impresa, anche in una congiuntura economica così difficile?
Posti come Cesenalab servono per introdurti in questo mondo dell’innovazione anche perché durante l’università neanche si immagina di fare impresa o nemmeno si conoscono queste opportunità. Poi in una città del genere gli imprenditori del territorio sono abituati ad avere un occhio particolare verso situazioni simili, con un’apertura maggiore verso i più giovani. Se non esistesse un incubatore simile probabilmente non ci sarebbe venuto in mente di provarci perché da soli in un mondo che conosciamo difficilmente ci avremmo provato. C’è un’idea delle startup ancora da film americano: non si crea subito il prodotto della vita e non è così semplice sfondare. Nel corso di quest’anno abbiamo fatto forti sacrifici sia in termini di tempo che in termini economici, visto che all’inizio ti dà meno di un lavoro normale, ma se ci si può provare a fianco a persone che ne sanno più di te allora quello fa la differenza.

 

Simone d’Antonio

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