Mondiali di calcio, lo sviluppo urbano va in gol in Sudafrica

altIn occasione del grande evento sportivo le città sudafricane si rifanno il look e realizzano importanti azioni di rilancio urbano che promuovono la sostenibilità ambientale, economica e sociale. Gestire il post-evento resta però la fase più delicata.

A poche ore dall’inizio dei Mondiali l’attenzione dei media è interamente rivolta al grande evento sportivo e alle squadre favorite per la vittoria finale ma merita eguale attenzione la gigantesca operazione di riqualificazione infrastrutturale che farà sentire i suoi effetti in Sudafrica, e soprattutto nelle sue città, per i prossimi anni.
Nonostante lo scetticismo di molti studiosi ed economisti, che ritenevano inappropriato affrontare investimenti di simile portata per una competizione sportiva, il governo sudafricano ha investito 9,8 miliardi di rand (poco più di un miliardo di euro) per la costruzione di stadi e la rigenerazione delle vicine aree urbane, 13,6 miliardi di rand (1,46 miliardi di euro) per il miglioramento delle infrastrutture viarie e dei trasporti urbani ed extraurbani mentre 19,5 miliardi di rand (circa due miliardi di euro) sono stati stanziati per riqualificare gli aeroporti.

Passi da gigante per la mobilità urbana
È proprio un settore dei trasporti più efficiente la principale eredità che il Mondiale si appresta a lasciare al paese. Nuovi terminal aeroportuali sono stati inaugurati a Johannesburg, Durban e Città del Capo mentre stazioni e raccordi ferroviari sono stati aperti in molte delle città ospitanti e nella regione di Johannesburg, che nei mesi scorsi ha inaugurato per prima l’innovativo sistema di trasporto pubblico dei Bus Rapid Transit. Il sistema collegherà le periferie al centro cittadino passando per l’Ellis Park Stadium attraverso le corsie preferenziali e collegando i bus ad altri mezzi di trasporto per favorire l’intermodalità ed offrire un’alternativa al traffico congestionato della metropoli sudafricana, che come le altre città del paese è invasa da autovetture e taxi collettivi. Proprio per contrastare traffico e inquinamento il governo centrale ha deciso di  attivare il Bus Rapid Transit in tutte le nove città ospitanti, con fermate ogni 500 metri e videosorveglianza per garantire la sicurezza di turisti e residenti.

Piazze e stadi cambiano il volto delle città
Anche sul fronte degli spazi pubblici si registreranno progressi significativi già nel corso dei Mondiali, con la creazione di luoghi di ritrovo per i tifosi che al termine della manifestazione saranno riconvertiti in parchi pubblici e aree sportive, come è stato realizzato a Città del Capo dove gli spazi pubblici attorno al Cape Town Stadium diventeranno un grande parco urbano. Nella capitale turistica del paese i Mondiali di calcio avranno riflessi positivi anche nei quartieri più poveri: l’amministrazione cittadina ha creato ventitré nuovi spazi pubblici in tutta la città con un programma che fa leva sull’evento sportivo come volano per la realizzazione di infrastrutture urbane nelle zone cittadine più isolate. Campetti sportivi, uffici di prossimità e piazze sono alcune delle realizzazioni più visibili del Quality Public Space Program, che avrà un impatto sull’immagine e la vivibilità cittadina molto più durevole della Coppa del Mondo.

A suscitare maggiori polemiche sono stati però i costosi piani di costruzione degli stadi che ospiteranno le partite del Mondiale: cinque sono stati rinnovati (i due stadi di Johannesburg, Rustenberg, Pretoria e Bloemfontein) mentre altri cinque sono stati costruiti ex-novo (a Città del Capo, Durban, Nelspruit, Plokwane e Port Elizabeth). Molti di questi impianti, all’avanguardia per tecnologia e design, rischiano di restare degli “elefanti bianchi”, cattedrali del deserto destinate ad un rapido declino ma molte amministrazioni locali si sono schierate contro i piani più avveniristici e costosi. A Città del Capo, ad esempio, la sindaca e poi presidente della provincia di Western Cape Helen Zille ha approvato il progetto del Cape Town Stadium chiedendo al governo sudafricano nuovi fondi per la costruzione di un quartiere di edifici popolari. Altre città del paese hanno invece puntato sugli stadi come nuovi simboli della città, da rilanciare anche in chiave turistica e di visibilità internazionale: lo stadio Moses Mabhida di Durban,costruito nei pressi del lungomare cittadino, è sovrastato da un arco monumentale che è possibile attraversare a piedi e da cui è possibile praticare il bungee-jumping ed altre attività sportive.

Gestire il post-evento
La sfida più grande che attende le amministrazioni locali sudafricane sarà quella di garantire un’efficace riutilizzo delle strutture, sportive e non, realizzate per i mondiali. Se la realizzazione di nuovi collegamenti ferroviari e di più efficienti sistemi di trasporto pubblico è stata accolta positivamente sin dall’inizio per gli effetti positivi che questi interventi avranno in termini di vivibilità e attrattività turistica, a destare maggiori dubbi sono gli impianti sportivi, che rischiano di deteriorarsi entro la fine del decennio. Si stima che molti stadi necessiteranno dai 10 ai 70 milioni di rand all’anno (da 1,2 a 8,9 milioni di euro) per le spese di manutenzione ma molte città si affideranno a compagnie private che si occuperanno dell’intera gestione degli impianti, generando ricavi attraverso l’organizzazione di eventi artistici e sportivi. Questa è la strada intrapresa da Polokwane e Durban (dove lo stadio ha già generato guadagni per 5,5 milioni di rand, equivalenti a 700mila euro, nei primi cinque mesi dell’anno) mentre Città del Capo si è affidata ad un consorzio guidato dalla società di gestione dello Stade de France, sede della finale dei Mondiali del 1998, per la gestione permanente del suo stadio da 80mila posti.  Proprio la struttura di Saint-Denis, la più grande del paese transalpino, si è rivelata negli anni uno dei migliori esempi di gestione di impianti realizzati per una grande competizione sportiva. Non hanno ottenuto uguale successo invece gli stadi costruiti ad hoc per il successivo Mondiale di Corea e Giappone: solo cinque dei dieci stadi coreani realizzati per la rassegna ospitano regolarmente incontri sportivi, capaci di richiamare un’insoddisfacente media di tremila spettatori a partita.  Pochi o addirittura inesistenti i piani di utilizzo alternativo delle strutture per eventi culturali o musicali, mentre Stati Uniti, Francia e Germania, organizzatori del Mondiale rispettivamente nel 1994, 1998 e 2002, hanno contenuto i costi di riqualificazione delle strutture grazie all’utilizzo per la manifestazione di stadi preesistenti che hanno poi ripreso la loro destinazione d’uso iniziale (football per molti stadi americani, calcio per quelli francesi e tedeschi).

Diverso è il discorso delle infrastrutture non sportive. Molti paesi hanno approfittato dell’occasione offerta dai grandi eventi sportivi per realizzare sistemi viari e di trasporto che hanno sensibilmente migliorato la vivibilità delle città ospitanti: tra queste, Lisbona e Porto che per gli Europei di calcio del 2004 hanno totalmente riqualificato il sistema di trasporto metropolitano e i collegamenti con gli aeroporti, dedicando alla costruzione degli stadi dotate solo 450 milioni del budget complessivo di oltre 4,4 miliardi di euro. In altri casi alcune delle costruzioni realizzate per i Mondiali sono rimaste inutilizzate, subendo così un rapido deterioramento. È il caso della stazione ferroviaria Farneto di Roma, costruita per Italia ’90 ed utilizzata solo quattro giorni o dell’Air Terminal di Ostiense, che avrebbe dovuto accogliere 40mila passeggeri al giorno diretti a Fiumicino ma abbandonato dopo appena tre anni è diventato rifugio per i senza fissa dimora. Solo oggi, a venti anni dai Mondiali italiani, si appresta ad essere utilizzato.