Bike sharing, la mobilità pulita passa solo da qui?

altA cinque anni dalla massiccia espansione dei sistemi di bike sharing in Europa e nel mondo, le città analizzano i vantaggi e i punti deboli di questi meccanismi che solo in pochi casi sono riusciti davvero ad incidere sulle abitudini quotidiane dei cittadini in materia di mobilità.

Giunti quasi dappertutto alla terza fase, quella in cui prevale l’innovazione tecnologica su vasta scala, i programmi di noleggio di biciclette si sono imposti come nuovo trend mondiale quando grandi città europee (in particolar modo francesi) hanno scelto di investire fortemente sulle due ruote per ridurre la circolazione delle auto in città. Le oltre 1500 biciclette messe a disposizione da Lione ad oltre 15mila utenti sono state un esempio per città come Parigi, che nel 2007 con Velib’ ha lanciato una delle iniziative di bike sharing di maggiore successo al mondo, con oltre 20mila biciclette disponibili nel centro urbano e nelle banlieue. Da allora oltre centocinquanta città in tutto il mondo (tra cui Rio de Janeiro, Città del Messico, Washington) hanno sperimentato sistemi simili ma non in tutti i casi si sono rivelati sinonimo di successo. È il caso di Bruxelles, dove la prima iniziativa di bike sharing si è rivelata un clamoroso flop a causa della particolare morfologia urbana che rende molto disagevole l’utilizzo delle due ruote, al contrario di quanto avviene ad Anversa o in centri più piccoli del Belgio.

Difficilmente quantificabile, inoltre, è l’impatto di tali sistemi sull’intero sistema di mobilità urbana e sul cambiamento di abitudini dei cittadini. Se è vero che in molti casi l’introduzione delle bici a noleggio ha contribuito a ridurre il traffico urbano, promuovendo anche la creazione di corsie riservate, in molti casi l’iniziativa ha coinvolto soprattutto cittadini già sensibili al tema, che avrebbero utilizzato i mezzi pubblici invece che la macchina (come rilevato da una ricerca svolta dai servizi municipali di Barcellona). L’entrata in funzione di meccanismi di noleggio sempre più sofisticati e tecnologici , come quelli in uso in numerose città tedesche e austriache dove è possibile attivare il noleggio attraverso dei codici inviati via sms, comporta pero’ spese di mantenimento del servizio elevate e buona parte dello sforzo delle società di gestione si concentra su questo più che sull’espansione del servizio.
Come sottolinea anche Paul DeMaio, fondatore della MetroBike che studia l’espansione di questo genere di programmi nel mondo, i sistemi di bike sharing non vanno visti come una panacea per tutti i problemi di trasporto locale ma come una modalità complementare all’interno di un piano di più vasto di mobilità sostenibile.

« Esistono due tipi di sindaci in Europa, quelli che hanno un programma di bike sharing e quelli che lo vorrebbero» ha affermato tra il serio e il faceto il vicepresidente dell’agglomerazione di Lione Gilles Vasco ma resta da capire se il bike sharing del futuro saprà fare tesoro degli errori del passato o punterà su sistemi sempre più tecnologicamente avanzati curandosi poco della sua reale fruibilità e delle connessioni con il resto dei trasporti pubblici. Tra le idee più innovative in questo senso figurano quelle proposte dal designer olandese Luud Shimmelpennick, pioniere dei sistemi di bike sharing nei Paesi Bassi, che suggerisce di pagare gli utenti per depositare le biciclette in stazioni in cui sono presenti pochi mezzi con crediti da riutilizzare per un nuovo noleggio.