Protezione umanitaria per chi lavora: da Torino un esempio per altre realtà territoriali

Cosa accade ad un richiedente asilo, che, secondo le norme in materia, trovi un impiego, ma veda poi respinta la sua richiesta di asilo?
La risposta è semplice: non ha più titolo per rimanere regolarmente all’interno del territorio dello Stato.
Il suo datore di lavoro deve interrompere il suo rapporto con lui.

Accade invece che la commissione territoriale di Torino, dopo aver denegato la protezione internazionale di alcuni richiedenti , in fase di reiterazione, abbia rivalutato il merito della domanda reiterata tenendo in considerazione i percorsi di integrazione avviati sul territorio dello Stato dagli stessi richiedenti protezione. Il fatto di avviare percorsi di integrazione attraverso attività di formazione e lavoro, ha permesso il riconoscimento di utilità’ sociale e lavorativa di quanto era in fase di svolgimento, auto alimentando un circuito virtuoso nello stesso percorso d’integrazione per 30 richiedenti

Come si è arrivati questo nuovo indirizzo giurisprudenziale, che potrebbe essere d’esempio per altre realtà territoriali?
Sono state le aziende presso cui lavorano i richiedenti asilo a porre la questione in una lettera indirizzata al prefetto di Torino Renato Saccone, alla sindaco della città Chiara Appendino e al Presidente della regione Piemonte Sergio Chiamparino.
Le aziende, che avevano evidenziato il ruolo fondamentale di questi lavoratori per l’attività produttiva, hanno chiesto di mettere i loro lavoratori nella condizione di avere i documenti per poter restare legalmente in Italia.
Il prefetto Saccone ha quindi chiesto alla Commissione di esaminare le nuove domande di protezione, con attenzione alla situazione attuale dei richiedenti, sempre verificandone i presupposti giuridici.
Da qui il riconoscimento della protezione umanitaria per la durata di due anni.
Sono stati infatti i percorsi di integrazione sociale attraverso gli inserimenti lavorativi ad essere stati riconosciuti dalla Commissione territoriale quale motivo per il rilascio del permesso di soggiorno.
E tutto rigorosamente secondo le norme di legge.
Così, coloro che all’indomani della negazione della richiesta di asilo stavano per “sparire” in un luogo senza diritti né doveri, potranno continuare a lavorare e proseguire il loro percorso di integrazione.