Il Bagaglio. Migranti minori non accompagnati: il fenomeno in Italia, i numeri, le storie

“Fu allora che compresi quanto l’inferno sia vicino al paradiso, che basta un gesto per trasformare la sofferenza in gioia e unità.” Questo potrebbe essere il senso profondo de Il Bagaglio, libro inchiesta di Luca Attanasio sui minori stranieri non accompagnati. Sono parole pronunciate da Mohammed Keita, giovane ivoriano, che in tre anni e mezzo ha viaggiato per 8.000 chilometri, pagando in totale 5.000 dollari, attraversando “sei paesi, deserti, mari, montagne, pene, dolori e vuoti, dopo aver perduto tutto, la famiglia, la casa, gli amici, l’infanzia, l’adolescenza […]”, giungendo infine in Sicilia.

Mohammed esprimeva la fiducia nella vita e nel futuro suscitate dal patto con un compagno, poco più grande di lui, durante il pericoloso viaggio verso l’Europa: un’alleanza per aiutarsi e sostenersi a vicenda. Nelle intenzioni di Attanasio il non voler considerare questi ragazzi solamente come vittime da accogliere (azione che resta comunque un dovere della coscienza oltre che di ogni Stato democratico), ma valutare le opportunità che rappresentano queste energie per un paese, qualsiasi paese.
E così i racconti dei ragazzi si alternano alla descrizione della situazione geopolitica dei territori di provenienza, che spiegano così tanto delle loro fughe.
E poi i dati e le norme e le criticità e ciò che potrebbe essere il futuro dell’accoglienza dei minori stranieri nel nostro paese.

Nel 2014 sono giunti in Italia 14.243 minori non accompagnati: di questi, 3.707 sono scomparsi, divenuti irrintracciabili. E se molti hanno proseguito nel loro progetto di viaggio verso altri paesi, è difficile dire quanti siano i minori intercettati e sfruttati dalla criminalità nello spaccio e nella prostituzione.
E alcune storie possono essere emblema per comprendere come certe criticità imprimano mutamenti alle esistenze. Tra queste il divenire maggiorenne e cambiare status da un giorno all’altro. Come per Saddam, egiziano, che ha vissuto per alcuni anni in una comunità in Umbria: “Poi è arrivato il mio 18° compleanno, a marzo. Sono dovuto uscire di casa il giorno dopo, con i soldi che avevo mi sono sistemato in una pensione, la mattina uscivo per andare al tirocinio e tornavo la sera. Passati quindici giorni sono finiti i soldi, ho provato a cercare una camera in affitto chiedendo al padrone di aspettare che mi pagassero il primo mese di tirocinio, ma niente: voleva i soldi in anticipo. Così, un po’ per vergogna, un po’ per rabbia, senza dire nulla agli operatori della comunità che continuavano a seguirmi e a starmi vicino né al datore di lavoro, sono andato via e sono tornato nell’unica città in cui conoscevo miei concittadini: Roma. Per me è stato subito l’inferno”. Saddam dorme la prima notte alla Stazione Termini. Viene avvicinato da un tunisino venticinquenne che gli propone di vendere la marijuana per lui. Resiste qualche giorno, poi cede e nel giro di una settimana diviene un pusher. E in quel ruolo apprende che non puoi fidarti più di nessuno. Ancora Saddam: “Allora ti metti anche tu a fregare gli altri: a volte non tornavo a dare i soldi dello spaccio e non mi facevo vedere per giorni, poi, quando li incontravo, scattava la rissa.[..] Una volta sono stato accoltellato qui (un taglio sul collo, ndr) e anch’io ho dato delle coltellate. Ho cominciato a rubare oltre che a spacciare.”
E’ una della tante storie che Attanasio ci propone nel suo lavoro, frutto dell’incontro con 30 giovani, con 20 operatori ed esperti per far conoscere il fenomeno, pur consapevole che “non è possibile una sua visione unitaria”. Ma con la certezza che “sui minori si misura realmente il livello di civiltà di una società e sulla loro accoglienza quello della comunità di approdo”.

Attanasio ha ben chiaro che “sulle tenere spalle di queste persone è calato un giogo pesantissimo che le ha portate a perdere improvvisamente l’innocenza, la voglia di giocare, la ricerca della gioia, l’allegria”, ma che “se seguiti bene, se strappati dagli artigli feroci delle mafie, se accolti in un circuito di protezione e tutela che consenta loro di mettere a fuoco un progetto personale e, a volte, anche senza questi fattori positivi, questi giovani esprimono una voglia inarrestabile di migliorare la propria esistenza, rappresentano un patrimonio incommensurabile, non solo umano, per le società con cui vengono a contatto”.
Così come deve essere il senso profondo dell’accoglienza, così come ci persuadono le parole di Mohammed, che può avvenire, si, che la sofferenza si tramuti in gioia.

Luca Attanasio
Il bagaglio
Migranti minori non accompagnati: il fenomeno in Italia, i numeri, le storie
pp. 163
Albeggi Edizioni, EsperiMenti, gennaio 2016

 

MSNA

Fonte dati: Ministero del lavoro e delle politiche sociali

 

Giuseppe M. Galeone
Twitter: @GiusGaleone