Bollettino Urbact – Gennaio 2015

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Editoriale di Emmanuel Moulin

Dopo due anni di preparazione, il programma Urbact è stato appena approvato dalla Commissione europea. Basato sui successi raggiunti da Urbact II e con un budget più elevato rispetto al passato (96 milioni di euro per il periodo 2014-2020), Urbact III utilizzerà le sue risorse e il suo know-how per rafforzare le capacità delle città di realizzare strategie urbane integrate e azioni sugli obiettivi tematici che corrispondono alle loro sfide.

Gli Infoday nazionali di Urbact III, organizzati con il supporto dei Ministeri degli stati membri responsabili per lo sviluppo urbano e regionale, hanno già totalizzato oltre 1500 presenze in 16 paesi. Ciò dimostra l’esistenza di una volontà molto forte degli stakeholder urbani di tutta Europa di partecipare a Urbact.
Gli Infoday continueranno fino alla fine di febbraio a dare informazioni su Urbact III prima del lancio della prima call for networks di Urbact III, prevista per marzo 2015.
Stiamo inoltre programmando l’Urbact City Festival, previsto a Riga dal 6 all’8 maggio. A partire dalla ricca esperienza accumulata nei sette anni del Programma, l’Urbact City Festival presenterà contenuti di punta sullo sviluppo urbano sostenibile, attraverso seminari urbani e walk-shops, masterclasses, momenti di ispirazione e la Fabbrica delle Idee. Il Festival costituirà l’occasione per presentare Urbact III e le nuove attività previste nel periodo 2014-2020, indicando ai partecipanti come possono essere coinvolti nel programma e trarne beneficio da esso.
Prima di incontrarci a Riga però vi auguro buon anno a nome di tutto il segretariato di Urbact !

 

Emmanuel Moulin
Direttore del segretariato di URBACT

Le città degli open data

Gli open data sono al centro di un ampio dibattito nelle amministrazioni urbane. Ma cosa significa? Quali sono le migliori esperienze in materia? In che modo le città possono diventare più intelligenti utilizzando parallelamente i propri dati e quelli provenienti da altre fonti? Questo tema è all’ordine del giorno nel dibattito sulle nuove forme di governance dell’amministrazione pubblica.

La Commissione Europea ha lanciato nel luglio 2014, come elemento della sua Agenda Digitale, una nuova strategia sugli opem data, con l’obiettivo di velocizzare la transizione verso un’economia basta sullo scambio di informazioni.
Il regolamento europeo include le direttive sul ri-uso degli archivi di dati pubblici, entrata in vigore nel 2003 e rivista nel 2013, indirizzata al settore pubblico con l’obiettivo di promuovere il riutilizzo di queste informazioni.
Ovviamente gli open data vanno oltre un semplice regolamento. E’ anche uno strumento per comprendere e sviluppare le città, per aprire database statistici e geografici e creare nuove piattaforme rivolte a cittadini, ricercatori, imprenditori e tutti quegli stakeholders interessati al contesto urbano.
Questo sistema ha il duplice potenziale di facilitare sia il monitoraggio che la pianificazione strategica, poiché si basa su criteri di sostenibilità e sull’archiviazione di un numero sempre maggiore di dati che provengono da fonti diverse, in particolare dai cittadini. Questo è fondamentale per supportare la realizzazione di politiche partecipate nelle città.
Di seguito qualche esempio delle città e dei cittadini che stanno puntando su una cultura diffusa di collaborazione attorno agli open data, contribuendo a creare servizi pubblici più puntuali ed efficienti.

Umeå, l’open data per la collaborazione e la sostenibilità
La città di Umeå, con 117 000 abitanti nel nord della Svezia, è una delle città protagoniste nello sviluppo di strumenti per gli open data. Qui ci sono due esempi del modo in cui in Svezia stanno utilizzando i dati per rinforzare la loro cultura e l’efficienza energetica.
Come Capitale Europea della Cultura 2014, Umeå sta utilizzando una piattaforma open source per sviluppare metodi pratici di progettazione condivisa e dimostrare come la cultura e la sostenibilità siano strettamente interconnesse, ad esempio garantendo a tutti i cittadini un libero accesso all’offerta culturale e agli spazi pubblici. La piattaforma Open source incoraggia i cittadini, gli artisti, le istituzioni, le associazioni culturali, le imprese e le autorità pubbliche a proporre idee per tutti i progetti nel settore culturale e sportivo. Umeå spera anche così di diventare più attrattiva nei confronti di studenti, persone che intendono trasferirsi, imprenditori, progettisti e investitori.
Umeå sta utilizzando gli open data anche per sostenere un’urbanizzazione sostenibile e aggiornare il progetto “Sustainable Ålidhem”, che ha vinto il premio europeo “Sustainable Energy Europe Award” 2013. Indicatori chiari e trasparenti sono degli elementi fondamentali di questo progetto di successo. Sono state combinati dati provenienti dal comune e dalle municipalizzate, analizzati poi nel dettaglio, fino a quello della singola famiglia, per capire quanta energia si possa effettivamente risparmiare. Queste incrocio tra varie tipologie di informazioni, fornite dal centro statistico cittadino e dalle compagnie energetiche, permettono di effettuare un monitoraggio preciso e concentrare le azioni locali per un risultato migliore sul piano locale.
E’ chiaro che quella degli open data per Umeå è stata anche una decisione politica, che ha comportato dei rischi ma anche delle forti potenzialità.

Come condividere le tecnologia per migliorare il servizio pubblico
Nesta, in collaborazione con i partners del “Code for Europe”, ha ospitato un network di “Civic Exchange” che ha permesso di conoscere e condividere nuove tecnologie con lo scopo di fornire migliori servizi pubblici. L’idea della presentazione parte dal fatto che le città in tutta Europa condividono gli stessi simili problemi, dal trasporto pubblico carente alla scarsa partecipazione civica. Molte città stanno puntando sulla tecnologia digitale per provare a dare una risposta a questi problemi. Gli strumenti digitali e le app possono essere condivise e utilizzate proprio per fornire ispirazione per risolvere tali temi. Tutte le tecnologie civiche hanno il compito di migliorare la qualità della vita delle persone, sono relativamente mature, vengono usate almeno in una location pubblica e danno prova quotidiana della loro utilità
Qualche esempio interessante proveniente dalla piattaforma include:
Bürgerforum Vorarlberg: Il Bürgerforum Vorarlberg web e mobile apps serve ai cittadini per segnalare istanze provenienti dal territorio alle istituzioni locali. Sviluppate dalle testate locali VN e Vol.at per la regione austriaca di Vorarlberg, su queste piattaforme gli utenti possono inserire foto e commenti su un tema o un problema locale, come le buche o i graffiti, e vengono immediatamente identificati grazie alla geolocalizzazione. Le informazioni possono essere direttamente verificate dal dipartimento delle autorità locali e gli utenti/cittadini possono seguire lo sviluppo del report attraverso le app.
Collideoscope è stato avviato attraverso una app di successo della mySociety chiamata FixMyStreet, la quale aiuta le persone ad esporre e affrontare problemi locali riscontrati sul territorio, semplicemente localizzandoli su una mappa. Collideoscope è uno strumento utile, per esempio, per segnalare incidenti ciclistici e mancanza di sicurezza in alcuni tratti della città; così si ottiene un quadro dell’esperienza di mobilità su due ruote più chiaro e sicuro e lo si fa in modo chiaro e aperto a tutti. Questa app riporta gli incidenti e le bici coinvolte nelle vicinanze con dei punti neri che informano su possibili dissesti del fondo stradale.
Helsinki Open City Council è una app Android che fornisce ai cittadini una finestra sui consigli comunali. La app permette infatti di rimanere informati sulle questioni locali, sulle proposte, sugli emendamenti, sulle risoluzioni e anche sulle votazioni avvenute durante una determinata riunione del consiglio comunale. E’ una struttura dinamica e aperta, in costante aggiornamento.
Condividere attraverso URBACT
Condividendo questi esempi, le città partner del programma URBACT possono ricavare ispirazione e conoscere software e hardware che ci sono dietro gli strumenti open data, così da promuovere un’adozione massiccia di tali strumenti e raggiungere un pubblico vasto a livello urbano.
Articolo di Sally Kneeshaw, URBACT Thematic Expert

http://urbact.eu/en/news-and-events/view-one/news/?entryId=5395

Marciapiedi occupati (non solo dai pedoni?)

Dalla passeggiata a punto di ritrovo, dal trasporto all’uso commerciale, i marciapiedi hanno avuto sin dal 1800 ruoli importanti. Visto che sono stati considerati “il posto più importante della città” e “l’organo più vitale”, non è facile separare la loro dimensione sociale da quella urbanistica e fisica. Alla fine dell’800 venivano costruiti comunemente a Londra, Parigi e in molte altre città europee. I grandi boulevard costruiti a Parigi, Vienna e Barcellona riservavano ampi marciapiedi alle folle di viandanti per passeggiare e ritrovarsi. Immortalati dal pennello degli impressionisti, questi marciapiedi hanno creato l’immaginario della vita urbana nel 1800.

L’uso dei marciapiedi come trasporto pubblico è stata la prima idea per cui sono stati costruiti. La libera mobilità dei pedoni divenne la giustificazione sulla quale si basarono le restrizioni alle altre attività, e il pedone divenne il pubblico di riferimento per il quale furono costruiti i marciapiedi. L’ipotesi che il camminare rappresenti il principale uso dei marciapiedi ricorre lungo tutto il XXI secolo.
Nonostante il retaggio di cambiamenti politici e sociali positivi le attività che hanno sfidato la segregazione sono diventate irrilevanti per la generazione successiva, gli utenti dei marciapiedi hanno un rapporto ambivalente e di cambiamento con gli eventi e con le persone. Gli eventi che interferiscono con la mobilità e bloccano il passaggio di persone violano la nozione dell’attraversamento pedonale come uso primario dei marciapiedi.
I marciapiedi presentano un paradosso. Molti usi dei marciapiedi hanno finalità che si sovrappongono, questa varietà ha creato diversità e attira le persone in strada. Allo stesso tempo, attività coesistenti possono entrare in conflitto le une con le altre. I marciapiedi sono parti funzionali della strada ma anche utili per delimitare gli spazi. Le persone legate alle attività di strada possono rappresentare un problema. I regolamenti devono seguire un obiettivo pubblico, poiché il pubblico è composto di gruppi portatori di interessi e necessità differenti, questo argomento rimane ambiguo.
I nuovi migranti sono abitualmente dei venditori ambulanti che usano la strada come punto commerciale. Facendo questo, entrano in competizione con i negozi stabili e provocano la collera di quelle classi sociali che non sopportano un’appropriazione indebita degli spazi pubblici. I Comuni si oppongono alle vendite di strada in nome della “pubblica sicurezza”, della “salute”, dell’”estetica”, e del diritto pubblico di non “ostruire il cammino” sui marciapiedi. I venditori ambulanti sono spesso dipinti dall’opinione pubblica come “chiassosi”, “insignificanti”, “indesiderati”. Sono state per questo adottate delle ordinanze che regolano il commercio di strada per eliminare il rumore, il disordine e la sporcizia.
Le autorità locali concordano sul fatto che come unico utente legittimo dei marciapiedi sia il pedone. In altre parole, il pedone come l’unico motivo per cui i marciapiedi pubblici debbano essere costruiti e l’obiettivo di una libera circolazione giustifica la proibizione delle altre attività di “disturbo”. I venditori e i loro avvocati sostengono che i marciapiedi siano un bellissimo spazio per la una libera e ordinata circolazione dei pedoni che va protetto e mantenuto sicuro dai vigili ma allo stesso tempo portano avanti questa istanza con una visione multiuso dei marciapiedi e vedono nella sopravvivenza un uso legittimo.
Gli argomenti che sostengono e confutano la tesi dell’immagine dei marciapiedi sono due. La prima è appoggiata dai cittadini che vogliono la sicurezza, l’ordine e un’estetica piacevole del paesaggio urbano, che connette i punti di origine e di destinazione e fa da cornice agli esercizi commerciali, ai negozi al dettaglio e agli edifici residenziali. L’altra faccia della medaglia è l’immagine sostenuta dalla maggior parte delle repliche dei migranti che occupano (con i loro corpi e i loro armamenti) i marciapiedi per i loro scambi economici. Usando esempi storici e attuali lo scontro di queste due immagini ha generato dispute più e più volte.
Da una parte i venditori ambulanti difendono il loro diritto all’abitare e vivere gli spazi della città per le attività commerciali. Dall’altra, i commercianti e la classe medio-alta dei residenti sostiene di essere infastidita dal disordine, dall’inquinamento acustico, dalla congestione del traffico e dalla concorrenza sleale creata dagli ambulanti.
Tra le due istanze, ma di solito pendente verso gli interessi dei cittadini e dei commercianti, vi sono le autorità municipali che impongono ordinanze e regolamenti per porre fine, con una tecnica razionale, al conflitto tra valori e norme culturali. Ma gli sforzi politici per l’uso appropriato degli spazi si concludono raramente con ordinanze cittadine, di zona, o riguardanti l’inquinamento acustico.
Alcune città abbracciano una politica che tende ad eliminare e contenere le attività controverse. Questo spesso confonde gli spazi pubblici come enti sociali (attraverso i quali le persone possono sviluppare relazioni, approfondire interessi e condividere vari stili di vita) con il concetto di spazi pubblici come ente fisico (il quale può essere controllato). Le azioni sulla città tanto più hanno delle intenzioni proattive per purificare gli spazi pubblici, tanto più sono incentivate. Le città hanno bisogno di approcci innovativi per riuscire ad integrare le diverse attività e i differenti obiettivi per continuare il processo che rende gli spazi adatti ad un pubblico vario.

 

Articolo di Fernando Barreiro, Lead-expert del Programma USER

Per approfondire:

Getting Residents Involved in Improving Public Spaces: Lessons Learned – URBACT blog

Articolo originale: http://urbact.eu/en/news-and-events/view-one/news/?entryId=5392

 

Dal blog di Urbact

FInanziare la diffusione del Piano di azione locale

ESIMeC è uno dei tre cosiddetti “progetti pilota di diffusione”  finanziati per verificare se lo scambio transnazionale e l’apprendimento continuino ad essere utili anche in fase di implementazione del Piano di azione locale (Local Action Plans). I progetti pilota sono partiti agli inizi del 2014 e termineranno a marzo 2015, così ora sembra un buon momento per fare il punto e condividere alcune delle nostre riflessioni e ciò che abbiamo appreso.

Come sottolineato dallo studio pilota sono cinque le principali aree in cui uno scambio di pratiche transnazionale sarebbe particolarmente utile ed è stato proprio questo il focus di cinque eventi transnazionali: interessante che almeno tre di questi sono utili per quasi tutte le città che vogliono sviluppare un modello integrato di sviluppo urbano sostenibile. In questo articolo concentriamo l’attenzione su questioni trasversali probabilmente di maggiore interesse per le altre città: abbiamo cominciato con «governance e coinvolgimento degli attori locali» due settimane fa, abbiamo affrontato il tema della misurazione degli impatti la scorsa settimana… oggi finalmente affrontiamo il tema dei finanziamenti.
Le città della rete ESIMeC hanno concluso il loro Piano di azione locale proprio quando i finanziamenti dei programmi dei Fondi strutturali 2007-2013 cominciavano ad esaurirsi. Alcuni partner – in particolare Bistrita and Sabadell – sono riusciti a garantire il finanziamento per alcune delle azioni da sviluppare attraverso questi vecchi programmi.

Nell’ambito del nostro quarto evento transnazionale, che si è svolto a novembre, abbiamo esplorato metodi innovativi di finanziamento riconoscendo il fatto che l’austerità delle finanze pubbliche significa che le città hanno bisogno di pensare in modo differente a come finanziare le loro attività. Ciò è in parte dovuto alla necessità di fare di più con meno, ma anche perché una cultura di sovvenzioni potrebbe creare dipendenza mentre altre forme di finanziamento più creative possono portare a risultati più soddisfacenti e a impatti maggiormente sostenibili.
Abbiamo riunito esperti di crowdfunding, usi innovativi dei fondi Ue, strumenti finanziari, partenariati pubblico-privati e social bond da tutta l’Europa per esplorare alcune di queste nuove risorse e valutare la loro rilevanza per lo sviluppo dei piani di azione locale.

Qui alcune delle lezioni che crediamo siano importanti anche per le altre città:

  • Quando si realizza lo sviluppo di un Piano di Azione Locale, bisogna provare a prendere in considerazione nuove e diverse forme di finanziamento, oltre ai programmi tradizionali (grant)
  • Cominciare con una idea chiara di ciò che si vuole realizzare, a quali risorse si ha già accesso, che tipo di risorse addizionali si necessita, di quanti fondi si ha bisogno e quando se ha bisogno
  • Ci sono molti esempi di città che raccolgono fondi in modo innovativo sia per i progetti di grandi che di piccole dimensioni. E ‘ utile per imparare dalle altre città.
  • Non dimenticate che i contributi delle risorse umane, come il tempo degli attori locali, hanno un valore inestimabile quando si prepara un budget per lo sviluppo di un Piano di Azione Locale.
  • Essere pronti a pensare fuori dagli schemi e a prendere in considerazione finanziamenti innovativi, ma assicuratevi di mantenerli semplici e gestibili
  • Considerare l’utilizzo di una griglia di finanziamenti in cui vi siano potenziali fonti di finanziamento e considerare sistematicamente di ognuna i pro e i contro
  • Sviluppare un piano di fund raising che mostri chiaramente da dove proverranno le risorse e come e chi guiderà e lavorarerà su diversi elementi
  • Affrontare l’esercizio come un puzzle: i diversi pezzi devono adattarsi insieme per fare un quadro completo
  • Ricordate che spesso il vero lavoro comincia quando il finanziamento è garantito – assicuratevi di pensare a tutti gli aspetti del monitoraggio, valutazione, governance e requisiti normativi
  • Cercate di evitare valutazioni affrettate; essere strategici e proattivi piuttosto che reagire a inviti a presentare proposte.
  • Scegli il tuo partner accuratamente. Ricordate che si dovrà lavorare a stretto contatto con loro per un lungo periodo di tempo.

Quindi, ne vale la pena? Esiste un vantaggio nel lavoro transnazionale durante lo sviluppo del Piano di azione locale?

Dal punto di vista di un partner della rete ESIMeC la risposta è un fragoroso sì. Altri potrebbero non essere d’accordo mentre altre città potrebbero dire di aver trovato molto utile riunirsi regolarmente per lo scambio di esperienze sulla realizzazione del Piano di azione locale. Abbiamo lavorato insieme per quasi cinque anni. C’è un livello di fiducia ed onestà che non era presente nella prima fase della costituzione della rete. Abbiamo sviluppato nuove capacità e competenze come anche la maggiore fiducia nei nostri scambi transnazionali.

L’introduzione di un metodo strutturato per registrare le lezioni apprese e valutare i progressi ci ha anche aiutato a documentare e a valutare meglio le esperienze degli scambi transnazionali. La profondità e la ricchezza del dibattito riflette proprio questo.

I prossimi passi?

I partner della rete ESIMeC hanno organizzato un ultimo meeting internazionale sul tema della creazione di occupazione e imprenditorialità a Debrecen nel mese di febbraio. Dopo di che si tireranno le somme assieme in una serie di «ricette» che saranno pubblicate come seguito del ricettario originale di ESIMeC disponibile qui. Per stuzzicare l’appetito, le prime due ricette sono disponibili on-line qui.

Uniremo le forze con altri due progetti pilota – EVUE e Roma-Net – per organizzare un evento finale a Bruxelles il 3 marzo 2015 – se siete interessati a capire cosa effettivamente sia utile per la realizzazione di un Piano di azione locale ricordate questa data e guardate questo spazio.

Articolo originale