La sicurezza delle nostre città è sempre più a rischio perché le migliaia di persone buttate fuori dal circuito dell’accoglienza diffusa non lasciano affatto l’Italia

Oggi comincia in Aula, al Senato la discussione sul decreto n.113/2018 e sulla stampa e nel web, in questi primi giorni di novembre, l’argomento decreto è stato naturalmente molto presente.

Il Foglio del 1° novembre riportava dei dati Anci che “riguardano scenari relativi al 2019. Solo per effetto del decreto, il prossimo anno i richiedenti asilo che diventeranno irregolari, e che vivranno dunque nell’illegalità, saranno 66 mila e faranno lievitare le presenze di clandestini dai 491 mila di oggi ai 557 mila di domani.” E indica la “stima dei costi amministrativi aggiuntivi per i servizi sociali e sanitari territoriali dei comuni calcolata dall’Anci per effetto del decreto Salvini: 280 milioni di euro.”

Lo stesso giorno la Repubblica riporta le parole di Matteo Biffoni, delegato Anci per l’Immigrazione: «Lo avevamo detto e lo ripetiamo: la sicurezza delle nostre città è sempre più a rischio perché le migliaia di persone buttate fuori dal circuito dell’accoglienza diffusa non lasciano affatto l’Italia ma vanno ad alimentare quello della marginalità e della manovalanza criminale». E poi scrive la Repubblica: “Per questo sindaci di ogni colore politico, compresi centrodestra e M5S, sono uniti nel chiedere al governo la sospensione degli effetti del decreto o la modifica in Parlamento. L’ultimo appello è quello lanciato ieri dal comune di Padova, con una lettera al premier Conte in cui si chiede lo stop alla legge e un confronto con l’Anci. «Il governo – dice Antonio De Caro, sindaco di Bari e presidente dell’Anci – ha scelto di smantellare un modello, quello dell’accoglienza diffusa, che funziona perfettamente e di tornare a saturare quelle che abbiamo già sperimentato come bombe sociali».

Diversi comuni hanno presentato e votato mozioni, risoluzioni, ordini del giorno che chiedono la sospensione degli effetti del decreto fino alla conversione in legge.

Scrive Il Mattino di Padova: “La giunta, con in testa il sindaco Giordani e l’assessore al sociale Marta Nalin, ha aderito alla mobilitazione promossa dall’Anci contro il decreto sicurezza. Una mozione è già stata approvata dai consigli comunali di Bergamo, Bologna e Torino (città quest’ultima governata dall’M5S). Padova farà di più: «Ci faremo promotori di una lettera per chiedere al premier Giuseppe Conte di sospendere gli effetti del decreto e di aprire un confronto con l’Anci», spiega il primo cittadino.”

La Gazzetta del Mezzogiorno (ma anche Repubblica – Bari) del 2 novembre riferisce che: “Sono 60 gli amministratori locali di «Italia in Comune Puglia» che scendono in campo contro il decreto Salvini sull’immigrazione: sindaci, assessori e consiglieri comunali già iscritti al partito sono pronti a presentare nei rispettivi comuni un ordine del giorno in cui chiederanno al Governo di sospendere gli effetti del decreto legge e di rivalutarne le ricadute con i territori; e alla Regione Puglia di condividere i loro intenti.” “Tuttavia, precisano gli amministratori, le stime Anci sono raccapriccianti per i Comuni: 280 milioni di euro di costi amministrativi che ricadrebbero su Servizi sociali e sanitari territoriali.”                                                                                                                                                                                                                                           

Presenti poi le posizione dei senatori M5S che vorrebbero emendare il decreto.

Il Fatto Quotidiano del 3 novembre riassume i quattro punti critici che i senatori dissidenti del M5S hanno evidenziato. Tra questi: “Nel mirino c’è poi la riforma del sistema di accoglienza che nel decreto legge è incentrata principalmente sulle strutture temporanee di emergenza, i Cas (Centri di accoglienza straordinaria). Che, sempre secondo i quattro senatori, al contrario dei centri previsti nell’ambito dello Sprar (Sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati), non consentirebbero l’integrazione dei richiedenti asilo nel tessuto sociale. La questione rischia di aggravarsi dopo che il Viminale ha annunciato l’eliminazione dei corsi di italiano e dell’orientamento al lavoro dai bandi per i Cas e l’esclusione dei richiedenti asilo dallo Sprar, che verrebbe limitato a chi ha già ottenuto la protezione.”

Scrive il manifesto del 1 novembre: “Lunedì alle 9,30 il decreto sarà nell’aula del Senato dove ad attenderlo troverà almeno 80 richieste di voto segreto, destinate però a essere respinte. La possibilità di un ricorso al voto di fiducia a questo punto è infatti praticamente scontata per timore che possa crescere ulteriormente il malumore tra i grillini. Dei quattro usciti fino a oggi allo scoperto, Elena Fattori e Matteo Mantero sono i più decisi a non fare passi indietro: «Non posso votare un provvedimento illiberale e pericoloso. Il M5S si è appiattito sulla Lega», ha scritto ieri sera Mantero su Facebook. Più attendisti Gregorio De Falco e Paola Nugnes, intenzionati a vedere se sarà ancora possibile migliorare il testo prima del voto finale. «Il decreto tradisce radicalmente il programma delMovimento. Ora dobbiamo mettere insieme le carte: la valutazione complessiva la faremo alla fine, vediamo in aula», ha spiegato a sua volta la senatrice napoletana. Dubbi dai quali Salvini è però deciso a non farsi condizionare, pronto se serve anche ad aprire ai voti di FdI e Fi. «La fiducia? Vediamo», spiega a sera il ministro degli Interni. «Spero sempre di no, ma se vogliono tirare a lungo un mese non abbiamo tempo da perdere». Un avvertimento che il leghista rivolge alle opposizioni, ma che vale anche per gli alleati a 5 Stelle.”

Il Foglio del 3 novembre: “Paola Nugnes si augura che “in Aula vengano accettati emendamenti che non hanno trovato ascolto in commissione”, Gregorio De Falco ribadisce che “la priorità per lui sono i valori del Movimento e della Costituzione, che questo decreto non rispetta”, e dunque “non lo sosterrò, fiducia o non fiducia, perché certi principi per me valgono più del tatticismo, della politica con la p minuscola”. Matteo Mantero confida che, se nulla cambierà, “mi riservo di non votare”.

Su Il Dubbio (anche lastampa.it) del giorno dopo, il senatore M5S De Falco: “Noi abbiamo un mandato e il Contratto di governo non dice quello che viene scritto nel decreto sicurezza sul tema: sul contratto c’è scritto anzi che avremmo cercato di incentivare gli Sprar” sottolinea il senatore che continua: “non è questo il modo di fare. Non c’è stato, se pur richiesto, un confronto sul tema. Ci è stato detto che il decreto era immodificabile e ora ci si dice che siamo fuori perché diciamo quello che dicevamo in campagna elettorale”

Su La Stampa di oggi il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, sul decreto 113 Sicurezza e Immigrazione: “Anche qui, prevale un approccio ideologico, a cominciare dal fatto che si mettono sullo stesso piano sicurezza e immigrazione come se una dipendesse dall’altra. Ma eliminando lo Sprar non si eliminano gli immigrati, dato che lo stesso Salvini dice che per rimpatriarli ci vorrebbero ottant’anni. Semplicemente, li si buttano sulle strade, se ne trasferisce il peso sui Comuni e si fornisce nuova manodopera alla delinquenza”

E Vasco Errani in un’intervista de LaPresse del 2 novembre: “Gli Sprar sono una delle esperienze più efficaci di integrazione nel nostro territorio.”   “Il superamento della protezione umanitaria e l’allungamento della detenzione nei Centri per il respingimento presenteranno sempre più problemi di gestione: se superi gli Sprar e costruisci Cpr rischi di creare delle bombe sociali.”