Temporiuso. Manuale per il riuso temporaneo di spazi in abbandono, in Italia

Un manuale per il recupero di spazi ed edifici abbandonati , “riserve urbane” delle nostre città in cui sperimentare nuovi modi di vivere i contesti urbani è il fil rouge del volume di Isabella Inti, Giulia Cantaluppi e Matteo Persichino dal titolo: “Temporiuso. Manuale per il riuso temporaneo di spazi in abbandono, in Italia” (edito Altreconomia) in cui si traccia il percorso per ridare vita al patrimonio storico, architettonico e socio-culturale delle nostre città. Inventare nuovi usi per cose “vecchie” , come già intuito dal pragmatista americano Chauncey Wright a metà del XIX secolo, rappresenta la strada per ripensare le nostre città “per affrontare – con progetti robusti – ipotesi di sviluppo urbano che siano radicalmente altro dall’espansione insediativa e dal consumo di suolo”. Liberare energie civiche per riattivare gli spazi urbani favorendo al contempo la nascita di reti di relazioni che possano essere messe a sistema per produrre innovazione sociale sembra la via tracciata nel volume che, nello specifico, individua una serie di mosse per salvare le aree abbandonate nel nostro territorio basate sull’esperienza dell’associazione Temporiuso.net.
Primo passo da compiere sembra essere quello della mappatura e della tassonomia degli spazi per conoscere le potenzialità degli stessi e capire come reinventarli e ridare loro vita. Una volta individuate le aree su cui intervenire gli autori mettono sul tavolo la questione dei soggetti che potrebbero usufruire di questi spazi che devono corrispondere alle esigenze dei cittadini che li “vivranno”. Infine stabilire delle regole di accesso e di condivisione degli spazi pubblici nonché favorire l’adozione di politiche pubbliche che facilitino l’istituzionalizzazione di queste pratiche perché diventino prassi consolidata al fine di “risvegliare” gli spazi “dormienti” delle nostre città.
Una vera e propria innovazione quella del riuso temporaneo di cui, però, non devono essere nascosti i rischi secondo gli autori: “quelli che il riuso temporaneo diventi per le istituzioni un modo per eludere alcuni problemi strutturali e per rinviare investimenti; quelli che le pratiche di riuso finiscano per interessare poche minoranze senza intercettare una domanda più generale di riappropriazione degli spazi e dei luoghi in abbandono”. Per questo per evitare di cadere in questa “trappola” sono necessarie istituzioni coraggiose e buoni progetti, non solo sapere tecnico, in grado di cogliere il valore strutturale del riuso temporaneo.