Passare ponte. Trastevere e il senso del luogo

Come è cambiata nel corso degli ultimi decenni Trastevere, uno dei più conosciuti rioni romani, e come processi di gentrificazione e terziarizzazione delle aree centrali della città abbiano determinato una situazione caratterizzata da alti valori immobiliari, fenomeni di globalizzazione commerciale e turistica con una sostituzione di una quota importante di abitanti. E’ questo lo scenario che prova ad indagare il volume di Federico Scarpelli e Caterina Cingolani “Passare ponte. Trastevere e il senso del luogo” in cui “l’uso dello spazio diventa risorsa narrativa e patrimonio locale, qualcosa di riconoscibilmente fisico ma allo stesso tempo un particolare assetto della vita quotidiana”. Trastevere è l’articolazione tra “il paesano e l’urbano”, la sua particolarità non è tanto la sua ‘insularità’, lo starsene in disparte dalle grandi dinamiche urbane quanto la sua capacità di inglobarle, di “attrarre all’interno della propria narrazione di località urbana i fenomeni e le istituzioni che con il cambiare dei tempi l’attraversano”. Ne sono un esempio la presenza della John Cabot University e della Comunità di Sant’Egidio che si inseriscono all’interno di una realtà che sembra ancora conservare “le tracce della Roma sparita”, popolana, eppure ne entrano a far parte contribuendo alla costruzione del senso del luogo investendo il quartiere di “pratiche e simboli che entrano a pieno titolo nelle rappresentazioni del quartiere”. Scorrendo le pagine del volume si scopre un quartiere dai caratteri “smart”, una vera e propria città intelligente dove “non occorre organizzare feste di vicinato perché c’è la tradizione delle cene di strada, dove non c’è bisogno di pensare iniziative per usare spazi pubblici altrimenti deserti”.Trastevere come cuore di Roma, ma diversa da Roma, centro storico ma non di affari, rappresenta ancora il luogo in cui la tradizionalità è giocata come stile di vita e dove la gentrification non necessariamente è in contrasto con lo spazio urbano e la “fabulazione trasteverina”, la narrazione urbana, la memoria collettiva che “dà legittimità a pratiche, modi di dire e di fare, interpretati come autentica espressione del rione”. Dopotutto la strada è ancora il “luogo dove si fa Trastevere”.