Le città nella politica di coesione: luci e ombre all’avvio della nuova programmazione

È alle battute finali il ciclo di programmazione 2007-2013 della politica di coesione comunitaria, ed in corso di avvio il ciclo 2014-2020. Si tratta di una questione cruciale, che riguarda le più rilevanti – ormai praticamente le uniche- risorse che nel nostro Paese sono dedicate agli investimenti per lo sviluppo territoriale. Eppure alla rilevanza del tema non pare corrispondere un dibattito pubblico sufficientemente informato e approfondito.

 

 

La questione della valutazione del ciclo in via di conclusione, e quella della programmazione di quello in fase di avvio paiono costrette in un dibattito di natura prevalentemente tecnica e settoriale. Allo stesso tempo la questione urbana, che pure nell’ultimo triennio aveva fatto il suo ingresso nell’agenda di policy nazionale con l’istituzione del Comitato Interministeriale per la Politiche Urbane (CIPU) e con l’approvazione della legge Delrio su province e città metropolitane, sembra aver perso progressivamente salienza a favore di altre priorità.
Ecco allora che volume di Walter Tortorella, “Politica di coesione e questione urbana. Programmi e strumenti di finanziamento per lo sviluppo delle città” colma simultaneamente due vuoti. In primo luogo offre una complessiva disanima dello stato dell’arte dei due cicli di programmazione 2007-2013 e 2014-2020. In secondo luogo connette questa analisi con la questione urbana nazionale ed europea. Una questione che, emerge dalla lettura del volume, si sovrappone con la questione dello sviluppo di territori che sempre più si configurano come “una fitta rete di centralità e marginalità” (p.145) il cui grado di urbanizzazione nel 2050 corrisponderà al 90,7%.
Ecco dunque spiegato perché, con alterne fortune, le città sono al centro della politica di coesione dell’Unione Europea. Nel volume l’autore ricostruisce la storia della dimensione urbana nella politica di coesione a partire dai primi cicli di programmazione fino ai giorni nostri. Ne emerge un quadro ricco di chiaroscuri, in cui a prevalere sono tuttavia ancora elementi di criticità. L’analisi empirica si concentra prevalentemente sul caso italiano, facendo ampio ricorso ai dati messi a disposizione da Open Coesione.
Il ciclo di programmazione 2007-2013 è stato il primo che, a seguito della fortunata attuazione del programma Urban nei due cicli precedenti, ha adottato il principio del mainstreaming della dimensione urbana nella programmazione dei fondi strutturali. Una scelta che, contrariamente a quanto previsto, non sembra essersi tradotta in politiche urbane trasversali, dal momento che la percentuale di budget FESR utilizzata per lo sviluppo urbano a livello di assi prioritari è ferma al 3,2% a livello europeo. Quanto all’Italia, alla criticità complessiva sulla capacità di spesa (al 31 dicembre 2014 risulta una avanzamento totale rendicontabile pari al 53,2%), si affianca una realtà ancor più critica per quanto concerne l’asse prioritario relativo allo sviluppo urbano (priorità 8 del Quadro Strategico Nazionale, articolata in assi urbani in nove regioni). Quest’ultimo mostra alla stessa data un avanzamento pari al 35,4%. Le ragioni evidenziate dall’autore sono molteplici e riconducibili a una programmazione spesso basata più sul rispetto di criteri tecnico-amministrativi che sull’analisi e sulla valutazione dei fabbisogni specifici territoriali, a una frammentazione e al conseguente de-potenziamento degli interventi, all’assenza di strutture di governance multilivello. Proprio sulla governance l’autore si sofferma per evidenziare i due casi in cui in Italia le città hanno ricevuto la delega quali autorità di gestione dei programmi operativi. Si tratta dell’Umbria e della Campania, regioni in cui i risultati insoddisfacenti (in termini quantitativi) dei programmi direttamente gestiti dalle città sono riconducibili prevalentemente a fattori contestuali, e non offuscano l’interesse per un’innovazione di governance necessaria, laddove i comuni sono in termini quantitativi i secondi beneficiari della politica di coesione dopo le aziende.
E proprio in termini di governance emergono le principali novità e gli elementi di interesse. Al livello comunitario si introduce l’obbligo di allocare almeno il 5% delle risorse FESR su azioni di sviluppo urbano, e si introduce lo strumento degli Interventi Territoriali Integrati, che prevede un ruolo diretto delle autorità urbane nella programmazione e non solo nell’attuazione. In Italia l’attenzione è posta naturalmente sul PON Metro, che attribuisce direttamente ai 14 capoluoghi delle altrettante Città Metropolitane Italiane risorse pari a 890 milioni di Euro per lo sviluppo di politiche ispirate al paradigma della smart city. L’attivazione del PON Metro è affiancata dalla programmazione delle regioni, dodici delle quali prevedono nei propri programmi operativi degli assi urbani per un valore complessivo di 2,4 miliardi di euro. Nell’insieme quindi il nuovo ciclo di programmazione lascia prevedere un lieve incremento delle risorse destinate allo sviluppo urbano, e l’introduzione di modelli innovativi di governance che daranno maggiore spazio alle città metropolitane attraverso il PON, e alle città medie attraverso gli ITI.
Solo buone notizie dunque? Non proprio, perché tanto nei regolamenti comunitari quanto nella programmazione nazionale e regionale la dimensione urbana pare essere affrontata più in termini finanziari e amministrativi che in termini di policy. La definizione di una percentuale minima di risorse e l’attribuzione di deleghe gestionali alle autorità urbane sono infatti passaggi necessari ma non sufficienti per quella riforma della politica di coesione che, come auspicava Fabrizio Barca nel rapporto stilato nel 2009, muova verso una direzione place based. Per questo scopo, rimarca l’autore del volume, sarebbe stata necessaria una complessiva strategia di policy per le aree urbane che, a dispetto di un periodo di centralità nell’agenda nazionale, sembra oggi nuovamente in una fase di stallo. Strategia la cui assenza rischia di vanificare, o perlomeno depotenziare, la funzione di integrazione della politica urbana e la sua differenziazione rispetto ad altri assi prioritari, ai quali rischi di sovrapporsi. Ciò non toglie, sostiene l’autore, che il PON rappresenti “un elemento di novità funzionale nella gerarchia di scala dei fondi strutturali che potrebbe segnare la strada per il futuro della politica di coesione”.
L’insieme delle evidenze empiriche, la ricostruzione attenta degli strumenti di attuazione, l’ampio contributo di Marco Nicolai sugli strumenti finanziari e, infine, un approccio interpretativo critico fanno di questo volume un punto di riferimento per amministratori, studiosi e cittadini interessati ad approfondire il tema della politica di coesione e della sua dimensione urbana.

 

Massimo Allulli

“Politica di coesione e questione urbana. Programmi e strumenti di finanziamento per lo sviluppo delle città”, di W. Tortorella (Marsilio 2015)