Comunità, capitale sociale, quartiere

Il recupero della dimensione di comunità e quartiere rappresenta la bussola per individuare le sfide e i cambiamenti nelle nostre città. Attraverso un approccio microsociologico Marco Castrignanò docente all’Università di Bologna, nel suo libro “Comunità, capitale sociale e quartiere” (edito Franco Angeli), prova a leggere l’evoluzione degli spazi e dei territori urbani attraverso la lente dei legami sociali. L’autore, in aperta opposizione con la teoria sociologica contemporanea che vede gli sforzi degli studiosi concentrarsi sui temi della globalizzazione e della comunicazione, punta invece l’attenzione sull’analisi delle “cellulle spaziali” che costituiscono la “corporeità urbana”: “dagli isolati ai quartieri, agli interstizi urbani, intesi come unità di analisi autonome, come vere e proprie cellule, in rete tra loro dotate di una vitalità autonoma”. I luoghi, gli spazi urbani sono ancora lo scenario dove accadono i fenomeni e i processi sociali anche nelle città della globalizzazione, della mobilità e della comunicazione. Ragionare sul concetto di comunità e di reti sociali che vengono a crearsi nei quartieri e nelle città richiama anche il concetto di capitale sociale. Se per Putnam in “Bowling alone” il concetto di capitale sociale si fonde con quello di comunità mettendo in evidenza la qualità del legame sociale, questo aspetto viene approfondito dall’autore attraverso il richiamo al concetto di beni relazionali (Donati 2007 e Tronca).
Ciò che caratterizza il capitale sociale non sono tanto gli individui in sé o la struttura sociale quanto la qualità delle relazioni sociali. Ovvero “il capitale sociale è quella forma di relazione che opera la valorizzazione di beni e servizi attraverso scambi che non sono né monetari, né politici, né clientelari, né di puro dono, ma scambi sociali di reciprocità”. Per questo, precisa l’autore riprendendo gli studi di Donati e Tronca, “il capitale sociale è tale solo se valorizza beni relazionali attraverso due dimensioni: fiducia e reciprocità”. Dove per beni relazionali si deve intendere “un prodotto reale non frazionabile e indivisibile che consiste in beni e servizi fatti di relazioni umane (…) E’ una realtà esterna agli individui, anche se generata da essi, che soddisfa esigenze umane, primarie e secondarie, di tipo relazionale”. Dunque non tutte le relazione sociali producono capitale sociale ma solo quelle in grado di generare beni relazionali.
Secondo l’autore pertanto la città è fatta di reti formali e informali che possono essere considerate come il nodo di una vasta maglia fatta di luoghi in cui interagiscono gli individui “produttori” di quei beni e servizi che nascono dalla qualità dei legami sociali: i beni relazionali.