User, a Pescara Urbact contribuisce alla riqualificazione sostenibile e partecipata delle periferie

Attraversando l’intricata periferia di Pescara non è difficile notare le contraddizioni di uno sviluppo urbanistico che ha affastellato negli anni infrastrutture di trasporto, come l’aeroporto o i principali snodi viari regionali, a capannoni industriali abbandonati e quartieri in crisi. Uno scenario complesso eppure attraversato ogni giorno da migliaia di city users che forse neanche si accorgono dell’originalità rappresentata da un pezzo di territorio al contempo periferico rispetto alla città e centrale rispetto all’intera regione.

 

Migliorare la qualità degli spazi pubblici e al contempo le condizioni di vita dei residenti con un progetto ambizioso e di lungo respiro è l’obiettivo del network User, che giunge a conclusione con la conferenza finale di Grenoble dell’8 e 9 aprile. Nel corso dei due anni di attività Pescara si è confrontata con altre realtà europee impegnate nella riqualificazione di pezzi di città. Attraverso il coinvolgimento dei residenti del quartiere di Fontanelle-Sambuceto, al confine con il comune di San Giovanni Teatino, il progetto ha elaborato nuove modalità di progettazione partecipata dello spazio pubblico, individuando una Green Spine come possibile asse verde attorno a cui strutturare lo sviluppo futuro dell’intera area.

Dall’housing sociale a nuove strutture sportivi, sono tre i nuclei individuati dal piano partecipato che si inserisce nella più ampia programmazione interente la rigenerazione urbana di questo pezzo di città. Il direttore del Dipartimento di architettura Università Gabriele D’Annunzio di Pescara-Chieti Paolo Fusero racconta come si è evoluto il processo di progettazione partecipata nel quartiere, a partire dagli spunti offerti dal confronto con altre realtà europee.

Da cosa siete partiti per realizzare il piano del Green Spine?

fontanelle sambuceto pianoQuando nel 2011 ci fu la possibilità di far parte della rete User insieme all’amministrazione di Pescara individuammo subito l’occasione di mettere in sinergia il già esistente piano di rigenerazione urbana Fontanelle-Sambuceto con questo progetto europeo. Nel progetto di rigenerazione urbana precedente avevamo individuato tre tematiche su cui il piano poteva agire: la parte residenziale, con nuove edificazione realizzata sulla basa di una pianificazione partecipata con i cittadini, una parte sul parco tematico produttivo legato alle attività aeroportuali e una legata alla Green Spine che collega i quartieri di Sambuceto e San Donato. Pensavamo di estrarre da questo piano proprio quest’ultimo elemento e abbiamo messo in sinergia operazioni realizzate dalle due amministrazioni confinanti.

Quali sono le potenzialità future di sviluppo legate a questo piano d’intervento?

Abbiamo due livelli di intervento: uno relativo al piano di rigenerazione a cui si è fatto cenno prima che punta al ripensamento dei collegamenti infrastrutturali, che ha una potenzialità enorme su oltre cento ettari compresi tra le province di Chieti e Pescara: su questo si gioca la competitività futura del sistema metropolitano pescarese. Se parliamo invece proprio della rete degli spazi verdi, le potenzialità sono legate in parte all’attuazione del piano di rigenerazione urbana, legato anche alla realizzazione effettiva del piano di housing, mentre la parte degli spazi ciclopedonali che collegheranno questi tre poli verdi dovrebbe essere finanziata attraverso dei finanziamenti specifici, sia regionali che europei acquisibili proprio attraverso le progettualità sviluppata grazie ad User.

Quali sono elementi di unicità dell’esperienza di Pescara, rispetto alle altre presentate nel network?

Quello che caratterizza l’intervento di Pescara rispetto alle altre città della rete è la dimensione dell’area individuata: tutti gli altri fanno interventi molto contenuti e nei centri storici mentre nel nostro caso interveniamo in un’area al contempo baricentrica per il contesto urbano ma periferica rispetto al resto della città. L’altra caratteristica è quella del modello partecipativo: questa parte è stata inizialmente la carta vincente del nostro modello, avvalendosi di diversi strumenti: dagli incontri con la popolazione a momenti più particolari come gli infopoint allestiti nelle giornate di mercato, in cui abbiamo raccontato questo progetto e messo in discussione tre ipotesi diversificate di utilizzo dello spazio pubblico.

In che modo i cittadini hanno potuto esprimere direttamente le proprie idee?

Ha suscitato interessa la competizione di idee per la progettazione degli spazi verdi della Green Spine ma la cosa originale è che i venti gruppi di lavoro erano composti da anziani, bambini e giovani architetti. Questi gruppi hanno dato luogo a una serie di riflessioni utili per capire cosa la popolazione voleva, espresso anche in forma naif ma interessante. L’elenco aveva al suo interno anche contraddizioni: nello stesso luogo c’era chi chiedeva piste per skate e orti sociali. Ma il momento di progettazione partecipata ha portato una sintesi e siamo riusciti a costruire un abaco di contenuti della Green spine fornendo anche una vision architettonica che ha aiutato a immaginare come potrà essere in futuro quella zona.

Ad ispirare l’esperienza di Pescara modelli europei consolidati come Estonoesunsolar adottato a Saragozza per il riutilizzo di spazi defunzionalizzati attraverso una riprogettazione condivisa e realizzazione di progetti temporanei con materiali low cost. La partecipazione dell’associazione Terre Onlus alle attività di User a Fontanelle si è spinta proprio in questa direzione: favorire la coesione sociale e la collaborazione con famiglie e bambini della zona per riscoprire un materiale tradizionale del territorio facendo al contempo comunità. Il presidente dell’associazione parte della rete di Res Tipica Gianfranco Conti racconta in che modo si è riusciti a riattivare percorsi di partecipazione a partire da un materiale anticamente diffuso proprio nel Centro Italia

Perché avete scelto di concentrarvi sull’utilizzo della terra cruda per riattivare la partecipazione dei bambini e delle famiglie del quartiere?

La terra cruda rappresenta un materiale che se ben manipolato può essere un momento di aggregazione. In Abruzzo, ma anche altrove in Italia e nel mondo, è uno dei materiali più utilizzati non soltanto per costruire. Diciamo sempre che chi conosce un po’ la ceramica sa che l’argilla lavorata poi diventa anche prodotto artistico, un modo per attivare capacità manipolative e di socialità. La terra diventa un elemento aggregante.

Come si è sviluppata questa azione di coinvolgimento sociale sul territorio?

Siamo intervenuti con un laboratorio didattico urbano nel quartiere di Fontanelle. Da qui si è avviato un processo di riappropriazione e di conoscenza del materiale terra, da intendersi come elemento fondamentale per l’agricoltura ma anche come materiale per costruire. Da qui è nato un processo di riconoscimento dei materiali disponibili.

In che modo questo può essere anche un elemento utile per rafforzare il senso di appartenenza dei bambini al territorio e alla propria comunità?

Intanto ciò si lega al discorso del saper fare: attraverso la terra manipolata si arriva a realizzare un piccolo manufatto che dal punto di vista teorico e pratico si lega all’idea della terra che torna terra: dopo aver realizzato una struttura, se non ha più significato la si demolisce e ritorna ad essere terra, in un percorso a chilometro zero. Sono tutta una serie di elementi di apprendimento che fanno della terra e dei materiali naturali un elemento importante del proprio Dna: il riappropriarsi dell’osservazione e di capire quali sono i materiali più vicini che possono essere utilizzati.

La festa della partecipazione nella scuola primaria Iqbal Masih delle Fontanelle ha costituito il punto d’arrivo di un percorso partecipativo che ha ridato centralità a questa zona di confine per farla uscire dal degrado e rimetterla al centro del dibattito urbano. Strutturare i processi di crescita del territorio attraverso una rifunzionalizzazione di una zona che presto andrà ad ospitare la nuova sede del Consiglio regionale abruzzese rappresenta il completamento di quell’opera di riqualificazione urbana avviata negli ultimi anni a Pescara. Coinvolgere attivamente i residenti e renderli protagonisti di un’opera di recupero degli spazi aiuta tutti a rendersi protagonisti di un processo che può ridurre l’esclusione sociale e aumentare la competitività dell’intero contesto urbano, come rimarcato dal sindaco Marco Alessandrini.

Perché Pescara ha scelto di guardare all’Europa per riqualificare le sue periferie?

Perché dice Renzo Piano che la missione dell’architettura del ventunesimo secolo sarà quella di riqualificare le periferie e da lì bisogna partire. Per questo come Comune abbiamo ritenuto il progetto User un’opportunità per confrontarsi con altre otto città europee. Questo ci dà il senso di quanto la contaminazione possa aiutare a far circolare nuove idee.

A quale esperienze guardare?

Vogliamo guardare alle migliori esperienze che volgono verso il rammendo delle città, a ricucire pezzi slegati l’uno dall’altro per una crescita ordinata delle nostre città e dei nostri paesi perché la dimensione urbana va salvaguardata a 360 gradi

Quali sono le sfide che state affrontando qui a Pescara nello specifico?

Pescara resta una città curiosa perché è piccola di estensione territoriale, densamente abitata ma che presenta visibili occasioni di riqualificazione urbana ancora inespressa. Ci si indirizza verso una dimensione europea per questo: c’è un ampio progetto di riqualificazione di un’area periferica con prossimità infrastrutturale e la prospettiva che diventi sede di enti pubblici, per portare anche una centralità degli uffici in quella zona. È un primo punto di partenza ma ci sono anche tante altre sfide aperte.

Sul piano dell’inclusione sociale, in che modo tali progetti potrebbe impattare sulla qualità della vita degli abitanti?

La felicità non viene misurata con il Pil o con i metri cubi costruiti ma è indubbio che tutto questo ha un risvolto sulla tenuta e sull’inclusione sociale. Per includere c’è bisogno che le città siano cattedrali accoglienti: la loro crescita è spesso stata caotica e ora bisogna riparare anche gli errori di progettazione commessi nel passato però ci sono ancora molte occasioni di trasformazione urbana inespressa e si può affrontarle anche guardando alle migliori pratiche di matrice europea.

 

Simone d’Antonio
(@Simonedantonio)