No slot, dai Comuni misure di contrasto al gioco d’azzardo per politiche sociali inclusive

Immagine tratta da Pixabay.com

In Italia quasi 17 milioni di 15-64enni ha giocato d’azzardo almeno una volta nella vita e di questi oltre 5,5 milioni sono giovani adulti tra i 15 e i 34 anni (pari al 42,7% della popolazione), secondo lo studio Ipsad 2013-2014 ripreso da Year book 2016 – Rischi da giocare a cura del Cnca (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza).

La ludopatia (o gioco d’azzardo patologico) va considerata come una vera e propria patologia, una malattia sociale, come definita anche nel Piano d’azione nazionale 2013-2015, che richiede in primis policy efficaci e adeguate misure di welfare che favoriscano l’inclusione sociale delle persone che si trovano in particolari condizioni di disagio.
Il fenomeno del gioco d’azzardo patologico (GAP) tende a coinvolgere soprattutto le fasce più deboli e giovani della popolazione, basti pensare che quasi la metà degli studenti tra i 15 e i 19 anni (il 48,5% pari a circa 1,2 milioni studenti) ha giocato d’azzardo almeno una volta nella vita (dati Espad Italia 2015).
Il Decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito con modificazioni dalla Legge 8 novembre 2012, n. 189, ha inserito difatti la ludopatia nei livelli essenziali di assistenza (Lea) con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da questa patologia.

Da nord a sud del Paese, sono molti i Comuni che si stanno attivando per far fronte al gioco d’azzardo patologico soprattutto attraverso incentivi e provvedimenti per ridurre gli orari di gioco e la presenza di slot machine negli esercizi commerciali riconoscendo l’importanza di ampliare gli spazi di incontro e socializzazione in città. Dal Governo viene invece l’impegno per la definizione di nuova regolamentazione del gioco d’azzardo come annunciato dal sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta nel corso dell’Assemblea Anci svoltasi lo scorso ottobre a Bari.

I Comuni no slot

Ma come si stanno muovendo i Comuni? A Lecco, ad esempio, con un’ordinanza del sindaco si è deciso di stabilire uno stop alle slot a partire dalla mezzanotte fino alle dieci del mattino successivo. Così come a Santena (Torino) dove i sindaci dei Comuni dell’Asl To5 stanno preparando un provvedimento per limitare le ore in cui è possibile giocare nelle sale scommesse. Mentre a Spino d’Adda, un Comune di circa 7mila abitanti in provincia di Cremona, si è deciso di vietare l’installazione di macchinette per il gioco d’azzardo a una distanza inferiore ai 500 metri da scuole, ospedali, parchi e strutture sanitarie (leggi anche qui).
Sulla stessa lunghezza d’onda molte altre amministrazioni locali come Napoli, Verona, Venezia, Sassari e Savona dove le misure messe in atto puntano a tutelare soprattutto le fasce più deboli della popolazione.

A Livorno un regolamento comunale anti-slot
Intervista all’assessore Paola Baldari

Nella lotta al gioco d’azzardo patologico, in particolare, il Comune di Livorno ha ingaggiato una dura battaglia approvando il 12 ottobre scorso un regolamento anti slot che punta ad ampliare la definizione di “luoghi sensibili” prevedendo la nascita di vere e proprie “no slot area”, dove non potranno essere aperte nuove sale o installate nuove macchinette.

Abbiamo intervistato l’assessora al commercio Paola Baldari che spiega cosa ha spinto il Comune, con voto unanime in seduta consiliare, ad approvare il regolamento “No slot” e quali sono le principali implicazioni socio sanitarie che ne derivano. Mentre l’assessora alle politiche sociali Ina Dhimgjini rimarca il ruolo decisivo della formazione e dell’educazione dei più giovani nelle scuole.

Perché un regolamento per contrastare il gioco d’azzardo e quali sono i principali obiettivi al centro del testo?

Ci siamo mossi nel quadro della normativa regionale con la legge del 18 ottobre n. 57 del 2013 (“Disposizioni per il gioco consapevole e per la prevenzione della ludopatia” – ndr) come modificata dalla legge 85 del 23 dicembre 2014. L’orientamento è quello di contrastare un fenomeno sociale allarmante, un habitus comportamentale, quello del gioco d’azzardo patologico riconosciuto anche dall’Organizzazione mondiale della sanità come un “comportamento morboso”. Oggi in Italia sono 15 milioni i giocatori d’azzardo, mentre 3 milioni a rischio patologico, se poi pensiamo che il 12% della spesa delle famiglie è indirizzato al gioco d’azzardo (anche se legale) e che lo Stato spende circa 6 miliardi di euro per i giocatori patologici con un aggravio di spesa soprattutto per i Comuni, ci si rende conto che si tratta di un fenomeno di grande portata. Dopo alcool e droga, il gioco d’azzardo patologico è la terza forma di dipendenza. In particolare, secondo i dati Eurispes del 2013 nel nostro paese il gioco d’azzardo patologico coinvolge circa un milione di italiani che appartengono soprattutto alle fasce più deboli della popolazione come disoccupati, pensionati e giovani che cercano rifugio nel gioco.
Il nostro impegno come amministrazione, dunque, è stato quello di portare in Consiglio un testo condiviso con i soggetti del territorio, le associazioni locali e le associazioni di categoria per contrastare il fenomeno della ludopatia e puntare ad ampliare gli spazi di socializzazione in città.

Cosa prevede il Regolamento?

In particolare, il testo prevede, all’articolo 7 comma 3, l’ampliamento della definizione di “luoghi sensibili” (rispetto a quanto già previsto dalla legge regionale – ndr) dove non potranno nascere nuove sale slot o installate nuove macchinette. Nell’elenco figurano i compro oro, le banche, gli studi medici, le palestre, le piazze, l’ospedale, le università, i parchi pubblici e gli stabilimenti balneari. Mentre per tutti gli esercizi commerciali “virtuosi” che toglieranno dai propri locali slot e videogiochi con vincita in denaro e applicheranno una vetrofania con la scritta “No slot” fuori dal negozio, sarà prevista una riduzione del 10 per cento dell’Irap. Non solo sale slot però. Il discorso vale anche per quei tabaccai che si impegneranno a non introdurre nei propri locali tali macchinette.

Disagio sociale e gioco d’azzardo molto spesso sono due facce della stessa medaglia. Quanto è importante coinvolgere la cittadinanza e i gestori degli esercizi commerciali nel contrasto alla “ludopatia”?

Molto. Si tratta di un testo che abbiamo ampiamente condiviso con le associazioni locali coinvolte a vario titolo. Attraverso due commissioni consiliari il testo è stato condiviso e discusso con il Sert, l’Associazione “Amici dei giocatori”, Auser, l’associazione “Gioco scaccia gioco”, l’Associazione San Benedetto e l’Associazione Sapar (Servizi apparecchi pubbliche attrazioni ricreative). Le commissioni sono state assolutamente partecipate e aperte al confronto, l’obiettivo è quello di creare una rete di condivisione a supporto di commercianti, gestori e cittadini per sostenere chi è a rischio di “cadere” in una vera e propria patologia. Prevediamo a breve di emanare anche un’ordinanza che disciplini una limitazione oraria per il gioco nelle sale scommesse di concerto con il Sert, l’Asl e l’Associazione San Benedetto (prima associazione semiresidenziale riconosciuta a Livorno impegnata in attività che promuovono l’inclusione sociale delle persone più svantaggiate – ndr).

In questa direzione avete pensato ad un percorso di formazione rivolto a cittadini e commercianti…

Sì, abbiamo previsto dei corsi di formazione per i gestori delle sale e per i commercianti perché sono proprio loro che si trovano più a diretto contatto con persone a rischio di una patologia. L’obiettivo è che anche il commerciante o il gestore possa rendersi partecipe di un aiuto ed essere informato per riconoscere un giocatore patologico. Stiamo valutando inoltre se prevedere, attraverso un’ordinanza, questi corsi come obbligatori o come forme di “premialità” per il gestore.

Che tipo di risposta vi aspettate da parte della cittadinanza e dei commercianti?

Ci aspettiamo delle risposte importanti da parte dei soggetti del territorio. Già attraverso il Tavolo di concertazione che ha portato all’adozione del Regolamento comunale abbiamo avuto un confronto e uno scambio positivo con le associazioni locali e di categoria, come con Confesercenti, Confcommercio.

Molti Comuni “No slot”, come Pavia, stanno puntando soprattutto ad ampliare gli spazi di socialità e di incontro nelle città per favorire la costruzione di reti di relazione e l’inclusione sociale. In questa direzione il Comune di Livorno come si sta muovendo?

A Livorno si registra un trend in aumento dei giocatori patologici, se nel 2006 erano 71 gli utenti affetti dalla patologia nel 2016 sono 146, secondo gli ultimi dati dell’associazione San Benedetto. Il regolamento pertanto ha senza dubbio due facce: da un lato punta al contrasto effettivo della ludopatia mentre dall’altro mira a ridurre le situazioni di disagio sociale. Vogliamo ampliare i luoghi di socializzazione in città, perché non intendiamo generare un atteggiamento di divieti, ma vogliamo costruire qualcosa di più strutturato che concretamente affronti il problema anche sotto il profilo sociale e non solo normativo.

Il gioco d’azzardo tende a coinvolgere sempre di più anche i giovani. Avete pensato anche a iniziative ad hoc di sensibilizzazione e informazione rivolte soprattutto ai ragazzi?
– Risponde l’assessora alle politiche sociali Ina Dhimgjini

Il fenomeno senza dubbio tende a coinvolgere anche i più giovani, come ci dicono i recenti dati, per questo puntiamo soprattutto alla prevenzione e all’educazione nelle scuole. Partirà nei prossimi giorni un nuovo modulo formativo di educazione civica nelle scuole che punta ad informare i ragazzi sui temi legati alla cibernetica, alla ludopatia e alle nuove forme di comunicazione e che proseguirà per tutto il 2017. Il percorso didattico si articolerà in diversi focus tematici e prevederà due fasi: nel corso della prima fase verranno coinvolti gli studenti mentre nella seconda fase le famiglie, gli stessi genitori saranno i protagonisti.

 

Angela Gallo
Twitter: @AngelaGallo1